giovedì 4 settembre 2008

Marocco



Come raccontare la magia del Marocco? Un mondo ancora così vero, così concreto. La Vita con la “V” maiuscola, con le sue crudeltà e le sue infinite bellezze. Per noi che ormai viviamo in un mondo senza odore e sapore è come piombare in un mare sterminato di profumi, segreti, emozioni, gusto … è difficile non restare tramortiti da questa valanga di sensazioni che ti chiama da ogni angolo (del tuo corpo e della strada) e ti sollecita, ti piace o ti rende nervoso, ti infastidisce, ma sempre è portatrice di una forza dirompente che ti costringe a rispondere. Potremmo dire un mondo “giocoso“, che non si stanca mai di prenderti in giro. E così di renderti vivo.
Posso ora guardare la verdura dei nostri supermercati con un po’ di attrattiva? Tutte quelle verdurine in fila, ordinate, tutte quante dello stesso colore e medesima taglia, senza la minima incrinatura e spettinatura, perché uno zucchino storto è brutto alla vista. E se penso al sapore? La cosa non migliora, anzi, sprofonda fino al baratro. Insomma non sarà facile tornare al grigiore e alla sterilità, dopo aver bevuto tutta l’estate frullati di frutta freschissima, dolce, polposa, gustosa e mangiato pomodori divini, che sembravano ancora davvero pomodori. Ma tante altre cose, oltre al cibo, purtroppo qui in Italia non hanno più sapore.
Non potrò mai scordare il muro di api che ho dovuto attraversare nella medina di Fes nella zona dedicata ai dolciumi, né tantomeno il muro di mosche che ricopriva costantemente i cadaveri delle pecore appese in bella vista dai macellai, così come non potrò dimenticare il matrimonio a Casablanca, con tutte quelle donne vestite a festa che si divertivano incredibilmente tra balli, chiacchiere, cambi d’abito e canti, e la sposa, agghindata come una nostra principessa delle favole, con addirittura la corona in testa. Le bambine a cui ho scattato tante foto. E gli asini per strada, colmi di ogni sorta di roba, spesso carichi di fichi d’india, che puoi farti sbucciare sul momento e mangiare a volontà. I camion, solo in Africa puoi vederne di così carichi, e così vecchi. Gli occhi, tanti occhi, furbi, curiosi, attratti, luminosi. E i sorrisi, che come un linguaggio superiore, oltre alle parole, permettono di comunicare perfettamente l’essenziale.

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