giovedì 24 luglio 2008

SENZA PAROLE di BARBARA SERDAKOWSKI

Non sono da quella parte del ponte che si attraversa
Nella corrente d'aria di una Vistula sterrata
Sono chiazza
Informe
Verbo senza contorno
Disambientata.

Eri tu quell'ombra dietro alle mie spalle?
Ancora sento sulla schiena tracce di sconosciuto
Sui fianchi, sulle cosce, sulla nuca forse
Ampolle a ventosa
Risucchio che drena
Una perdita perpetua di parole acquisite
Il salasso dell'anima di volatile migratore
buchi ridotti a vocaboli incidentali

Words, mots, palabras, slowa

Non vorrei più usare parole di altri
Ma allora quali?
Se non ho le mie

da "Ai confini dei versi. Poesia taliana della migrazione" a cura di Mia Lecomte, ed. Le lettere, Firenze 2006.

martedì 22 luglio 2008

"Superate questa linea" di Salman Rushdie

Attraversare una frontiera, fare anche un solo passo oltre quella linea immaginaria che segna la fine di un mondo e l'inizio di un altro, significa venire trasformati nel profondo. La frontiera, il limite, il confine risvegliano le nostre coscienze. Sono il luogo in cui non possiamo sfuggire alla verità: ci spogliamo dei panni comodi della nostra esistenza quotidiana che nascondono gli aspetti più brutali della realtà, per osservare le cose come sono.In questa raccolta di saggi e articoli Salman Rushdie attraversa molte frontiere e invita a superare i confini di una ristretta visione del mondo sulla politica, la letteratura e la cultura, a cavallo tra XX e XXI secolo. In questi scritti, che toccano una grande varietà di argomenti, dal Mago di Oz agli U2, dagli scrittori indiani alla morte della principessa Diana, dal calcio alla lotta contro la fatwa iraniana, dal Kosovo al rapporto tra Islam e Occidente prima e dopo l’11 settembre, Rushdie si mostra incisivo, acuto, ironico. Anche quando parla della propria vita braccata dagli integralisti religiosi, è sempre intelligente e originale, confermandosi come uno dei più importanti intellettuali contemporanei.

Si chiede Rushdie nelle righe finali del suo lavoro: "Quale sarà lo spirito di questa nuova frontiera? Daremo al nemico la soddisfazione di vederci trasformati in qualcosa di simile al suo riflesso intollerante, carico d'odio, oppure, in veste di guardiani del mondo moderno, di custodi della libertà, e come abitanti privilegiati delle terre dell'abbondanza, continueremo ad alimentare la libertà e a far diminuire l'ingiustizia? Diventeremo le armature che la paura ci costringe a indossare, o continueremo a essere noi stessi? La frontiera plasma il nostro carattere e mette alla prova il nostro coraggio. Io mi auguro che supereremo l'esame".

venerdì 18 luglio 2008

"POETICA DEL DIVERSO" di ÉDOUARD GLISSANT

Alcuni passi tratti dall’intervista “Creolizzazioni nei Caraibi e nelle Americhe” contenuta in “Poetica del diverso”, É. Glissant:

―“Ho sempre detto che il mare dei Caraibi si differenzia dal Mediterraneo perché è un mare aperto, un mare che diffrange, mentre il Mediterraneo è un mare che concentra. Se le civiltà e le grandi religioni monoteiste sono nate intorno al bacino del Mediterraneo, ciò è dovuto alla capacità di questo mare di orientare, anche se attraverso drammi, guerre o conflitti, il pensiero dell’Uomo verso l’Uno e l’unità. Al contrario quello dei Caraibi è un mare che diffrange e favorisce l’emozione della diversità. Non solo un mare di transito e di passaggio, ma un mare di incontri e di coinvolgimenti. Ciò che è avvenuto in tre secoli nei Caraibi è letteralmente un incontro di elementi culturali provenienti da orizzonti assolutamente diversi e che realmente si creolizzano, che realmente si stratificano e si confondono l’uno nell’altro per dar vita a qualcosa di assolutamente imprevisto e assolutamente nuovo, la realtà creola.”—

—“I fenomeni di creolizzazione sono importanti, perché permettono un nuovo approccio alla dimensione spirituale delle umanità, un approccio che implica una ricomposizione del paesaggio mentale delle umanità contemporanee: la creolizzazione presuppone che gli elementi culturali messi a confronto debbano necessariamente essere ‘di valore equivalente’ perché avvenga un vero processo di creolizzazione. Se fra gli elementi messi in relazione alcuni vengono sminuiti rispetto ad altri. La creolizzazione non avviene. Qualcosa accade comunque ma in un modo bastardo e ingiusto. […] La creolizzazione esige che gli elementi eterogenei messi in relazione si ‘intervalorizzino’, che non ci sia degradazione o diminuzione dell’essere, sia dall’interno che dall’esterno, in questo reciproco e continuo mischiarsi.”―

―”Bisogna rinunciare alla spiritualità, alla mentalità e all’immaginario nati dalla concezione di un’identità a radice unica che tutto uccide, per entrare nel sistema complesso di un’identità di relazione, di un’identità che comporta un’apertura all’altro. […] Nelle culture occidentali si dice che l’assoluto è l’assoluto dell’essere e che l’essere non può esistere se non si concepisce come assoluto. Già i presocratici sostenevano, invece, che l’essere è relazione, cioè l’essere non è assoluto ma relazione con l’altro, relazione con il mondo, relazione con il cosmo. […] Io dico che la nozione di essere e dell’assoluto dell’essere è legata alla nozione di identità come ‘radice unica’ e dell’esclusività dell’identità e che se si concepisce un’identità rizoma, cioè radice che si intreccia con altre radici, allora ciò che diventa importante non è tanto una pretesa assolutezza di ogni radice, ma il modo, la maniera in cui entra in contatto con le altre radici: la Relazione. Oggi una poetica della Relazione mi sembra più evidente e più avvincente di una poetica dell’essere.”—
(Sottolineature mie)

Queste riflessioni costituiscono il cardine dei miei pensieri, così come il filo conduttore di questo blog. Dalla prima volta che ho letto queste righe ho sentito la forza e la pregnanza di queste idee. Erano ciò di cui ero alla ricerca, ciò che poteva costituire la base per il mio peregrinare mentale e corporale. Sono una chiara e lucida dimostrazione che il Mondo è uno e tutto intero e che una Poetica della Relazione è l’unica strada possibile per costruire un percorso di vita giusto, sano e felice. La felicità. Non è ciò di cui tutti siamo alla ricerca?

mercoledì 9 luglio 2008

Di che cosa si scusa George Bush?

Di che cosa si scusa George Bush? La sua biografia è tratta semplicemente da una delle più autorevoli enciclopedie on-line l’ “Encyclopedia of World Biography” anno 2005. Per il testo integrale clicca qui. Questi alcuni stralci della “grande offesa” riportati sui giornali:
"Il premier italiano Silvio Berlusconi è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio". (...) "Principalmente un uomo d'affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali Berlusconi era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla sua notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006".(...) "Odiato da molti ma rispettato da tutti almeno per la sua 'bella figura' (in italiano nel testo) e la pura forza della sua volontà Berlusconi ha trasformato il suo senso degli affari e la sua influenza in un impero personale che ha prodotto il governo italiano di più lunga durata assoluta e la sua posizione di persona più ricca del paese". Da ragazzo guadagnava i soldi organizzando spettacoli di marionette per cui faceva pagare il biglietto di ingresso". "Si era messo a vendere aspirapolvere, a lavorare come cantante sulle navi da crociera, a fare ritratti fotografici e i compiti degli altri studenti in cambio di soldi".La Casa Bianca si è scusata per quella considerata una “gaffe” (che io chiamerei invece rigore storicistico) ma saremo noi italiani a doverci scusare con noi stessi. Le cose stanno lì, chiare, limpide, precise, ma a noi fanno fatica a entrare in testa. Io lo vedo: l’italiano non ha voglia, non gliene frega nulla se il premier è corrotto, se ha sbranato la scala del potere con le fauci di un leone, senza guardare mai in faccia a nessuno, con tre soli pensieri in testa: soldi, potere, bellezza. All’italiano non interessa, quasi quasi gli viene da dire che fa bene il premier a farsi leggi ad personam visto che può. Tutti sarebbero pronti a truffare tutti, tutti si riconoscerebbero in quello sciacallo agguerrito se solo potessero. Questa è la vera grande tristezza del nostro paese. Non tanto la sorpresa che un paese così acculturato possa aver eletto nuovamente colui che continua a plagiare la mente di tutti attraverso finti uni-giornali, finti divertiti-ma non pensare, finti programmi liberi-che ti incatenano dentro etc. La sorpresa sta invece (ma solo perché continuo ad essere utopista) nel fatto che possa essere considerata una incredibile gaffe ciò che è palesemente la verità. Il problema del premier è sottile: all’estero queste cose si sanno da anni, se ne discute anche, la biografia è tratta dalla nota enciclopedia citata, ma non è problema cosa pensino all’estero di Silvio Berlusconi, e non c’è neanche problema che ci sia un’enciclopedia scritta in inglese a parlarne (tanto l’italiano medio non conosce l’inglese, né tantomeno utilizza internet per informarsi o compiere ricerche approfondite), l’importante è che non se ne parli in Italia, né in tv, né nei principali giornali (ma la tv rimane sempre il primo amore), proprio a quell’italiano medio che sotto il giogo mentale mediatico ha tutta un’altra idea del suo povero bravo premier perseguitato e tanto divertente ( tette, culi e canzonette a gogò). Insomma l’offesa è tipicamente italiana: io sò, ma non voglio sentirmi dire. Nascondi, nascondi… tanto è la facciata che conta!

venerdì 4 luglio 2008

“Per una teoria della letteratura ispano-americana” di R. F. Retamar

Una raccolta di saggi/interventi considerata tra le opere più importanti per la formazione del pensiero ispano-americano. La teoria letteraria di Retamar non fa ipotesi, ma — trasformando le parole in definizioni forti dell’identità ispanoamericana ―organizza il percorso per giungere all’autonomia intellettuale. La pietra miliare resta l’opera del grande libertador americano Jose Martì, perché l’America dei neri, degli indios, dei mestizos, dei creoli, l’America spagnola non dovrà essere più proiezione della madrepatria occidentale, né dell’America degli Yankees. Dovrà essere il luogo dove tutti i luoghi sono possibili, dove tutte le letterature hanno pari dignità. Un percorso che condurrà l’ “alterità” americana a non essere più una semplice opposizione all’ “alterità” occidentale, ma espressione dell’autocoscienza di tutto il continente.