sabato 20 settembre 2008

Immigrati: rivolta a Castel Volturno.

Io non li condanno.
Vivono in un paese che non li riconosce, non li aiuta. Molti di loro sono clandestini, vivono ai margini della società, senza nessun tipo di diritto o dovere, ma sono onesti lavoratori, sfruttati fino all'osso, intimoriti. Completamente abbandonati dallo Stato, allontanati dalle persone, ghettizzati, si ritrovano a fare i conti anche con la mafia mentre gli uni-giornali liquidano la strage di 6 persone come "regolamenti di conti" malavitosi. Troppo facile. Troppo, troppo facile.

mercoledì 17 settembre 2008

Meglio “pelle bianca e cuore nero” o “pelle nera e cuore bianco”?


Consiglio di leggere il bell'articolo di Alessandro Portelli apparso sul "Manifesto" il 19/09/ 08. E' interessante scoprire come l'espressione "sporco negro" non costituisca secondo la Cassazione un'insulto razzista, ma una "generica antipatia, insofferenza o rifiuto per chi appartiene a una razza diversa".
Generica antipatia, che sceglie però il colore della pelle per esprimersi.
Per rimanere in tema di colori: e se scegliessimo il colore del cuore?
Sarebbe dura, molto dura.

domenica 14 settembre 2008

MEDITERRANEO ADDIO di ABDELKADER DAGHOUMI (Marocco)

Te ne vai, te ne allontani e lasci il cuore ferito. Te ne vai…
Ciao mare, oggi al tramonto
ti lascio, vado via.
Nel mio fagotto un pezzo di te una conchiglia «amore mio».
Mediterraneo strappa cuori
di madri stanche piene di timori Mediterraneo /
tra le rocce il mirar mio fecondo accetti, le onde tue lussuriose.
Mediterraneo in milioni allo sbando, mare lacerato /
da mille ferite, mai guarite, padre di mio padre e di mia /
madre aquila reale, al sole steso. Mediterraneo mare ambiguo, /
gitano allegro e solitario d’inverno gonfio e iracondo /
amico di poeti e vecchi pirati di gente comune e malfamati. /
Stasera parto via e sull’uscio di casa mia facce tristi /
e rassegnate. Mediterraneo amore mio tempesta di vento, /
cielo grigio, tu che afferri la mia mente la ondeggi dolcemente,
sulle rocce posan via mille gabbiani danzan felici,
il mio cuore sollevato. Mediterraneo scaccia guai /
vecchia barca abbandonata,
una parte di te porto via, /
«una conchiglia» Mediterraneo /
donna mia. Sono a monte del torrente / lavo e strizzo
l’amore di oggi mamma / è tra il mezzodì e il tramonto. /
«Te ne vai te ne allontani e lasci il cuore ferito. Te ne vai».


da "Nuovo Planetario Italiano. Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa" a cura di A. Gnisci, Città Aperta Edizioni, 2006.

giovedì 4 settembre 2008

Marocco



Come raccontare la magia del Marocco? Un mondo ancora così vero, così concreto. La Vita con la “V” maiuscola, con le sue crudeltà e le sue infinite bellezze. Per noi che ormai viviamo in un mondo senza odore e sapore è come piombare in un mare sterminato di profumi, segreti, emozioni, gusto … è difficile non restare tramortiti da questa valanga di sensazioni che ti chiama da ogni angolo (del tuo corpo e della strada) e ti sollecita, ti piace o ti rende nervoso, ti infastidisce, ma sempre è portatrice di una forza dirompente che ti costringe a rispondere. Potremmo dire un mondo “giocoso“, che non si stanca mai di prenderti in giro. E così di renderti vivo.
Posso ora guardare la verdura dei nostri supermercati con un po’ di attrattiva? Tutte quelle verdurine in fila, ordinate, tutte quante dello stesso colore e medesima taglia, senza la minima incrinatura e spettinatura, perché uno zucchino storto è brutto alla vista. E se penso al sapore? La cosa non migliora, anzi, sprofonda fino al baratro. Insomma non sarà facile tornare al grigiore e alla sterilità, dopo aver bevuto tutta l’estate frullati di frutta freschissima, dolce, polposa, gustosa e mangiato pomodori divini, che sembravano ancora davvero pomodori. Ma tante altre cose, oltre al cibo, purtroppo qui in Italia non hanno più sapore.
Non potrò mai scordare il muro di api che ho dovuto attraversare nella medina di Fes nella zona dedicata ai dolciumi, né tantomeno il muro di mosche che ricopriva costantemente i cadaveri delle pecore appese in bella vista dai macellai, così come non potrò dimenticare il matrimonio a Casablanca, con tutte quelle donne vestite a festa che si divertivano incredibilmente tra balli, chiacchiere, cambi d’abito e canti, e la sposa, agghindata come una nostra principessa delle favole, con addirittura la corona in testa. Le bambine a cui ho scattato tante foto. E gli asini per strada, colmi di ogni sorta di roba, spesso carichi di fichi d’india, che puoi farti sbucciare sul momento e mangiare a volontà. I camion, solo in Africa puoi vederne di così carichi, e così vecchi. Gli occhi, tanti occhi, furbi, curiosi, attratti, luminosi. E i sorrisi, che come un linguaggio superiore, oltre alle parole, permettono di comunicare perfettamente l’essenziale.