tag:blogger.com,1999:blog-65906368417322531322024-03-13T17:25:22.974+01:00Poetica del Diverso«Già i presocratici sostenevano che l’essere è relazione, cioè l’essere non è assoluto ma relazione con l’altro, relazione con il mondo, relazione con il cosmo. […] Oggi una poetica della Relazione mi sembra più evidente e più avvincente di una poetica dell’essere.»
Éduard Glissant, Poetica del diverso.Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.comBlogger49125tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-69541805388403891142012-03-02T19:46:00.000+01:002012-03-02T19:46:23.783+01:00ALDA MERINI<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"> <div style="line-height: 150%; margin: 0cm 0cm 0pt;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><em><strong><span style="color: #c00000; line-height: 150%;"><span style="font-size: small;"></span></span></strong></em><span style="color: #c00000; line-height: 150%;"></span></span></span><i style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;"><span style="font-size: small;">Io non ho bisogno di denaro </span></i></div><i style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;"><span style="font-size: small;"><em><span>ho bisogno di sentimenti <br />
di parole <br />
di parole scelte sapientemente<br />
di fiori detti pensieri<br />
di rose dette presenze<br />
di sogni che abitino gli alberi<br />
di canzoni </span></em><em><span>che facciano danzare le statue <br />
di stelle che mormorino <br />
all'orecchio degli amanti.<br />
Ho bisogno di poesia <br />
questa magia che brucia <br />
la pesantezza delle parole <br />
che risveglia </span></em></span></i><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><em><span style="font-size: x-small;"><i style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;"><span style="font-size: small;">le emozioni e dà colori nuovi.</span></i></span></em></span></span></div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-24036115856504189532011-03-15T21:14:00.000+01:002011-03-15T21:14:26.989+01:00La cipolla di Wislawa Szymborska<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"> <span style="font-family: NuptialScript,Verdana; font-size: small;">La cipolla è un'altra cosa.<br />
Interiora non ne ha. <br />
Completamente cipolla <br />
fino alla cipollità. <br />
Cipolluta di fuori, <br />
cipollosa fino al cuore,<br />
potrebbe guardarsi dentro <br />
senza provare timore. <br />
<br />
In noi ignoto e selve <br />
di pelle appena coperti, <br />
interni d'inferno, <br />
violenta anatomia, <br />
ma nella cipolla - cipolla, <br />
non visceri ritorti. <br />
Lei più e più volte nuda,<br />
fin nel fondo e così via. <br />
<br />
Coerente è la cipolla, <br />
riuscita è la cipolla.<br />
Nell'una ecco sta l'altra, <br />
nella maggiore la minore, <br />
nella seguente la successiva, <br />
cioè la terza e la quarta.<br />
Una centripeta fuga. <br />
Un'eco in coro composta.<br />
<br />
La cipolla, d'accordo: <br />
il più bel ventre del mondo. <br />
A propria lode di aureole <br />
da sé si avvolge in tondo. <br />
In noi - grasso, nervi, vene, <br />
muchi e secrezioni. <br />
E a noi resta negata <br />
l'idiozia della perfezione. </span></div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-73479224985091636022011-03-03T20:26:00.000+01:002011-03-03T20:26:27.079+01:00Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">Verrà la morte e avrà i tuoi occhi<br />
questa morte che ci accompagna<br />
dal mattino alla sera, insonne,<br />
sorda, come un vecchio rimorso<br />
o un vizio assurdo. I tuoi occhi<br />
saranno una vana parola,<br />
un grido taciuto, un silenzio.<br />
Così<i> </i>li vedi ogni mattina<br />
quando su te sola ti pieghi<br />
nello specchio. O cara speranza,<br />
quel giorno sapremo anche noi<br />
che sei la vita e sei il nulla.<br />
<br />
Per tutti la morte ha uno sguardo.<br />
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.<br />
Sarà come smettere un vizio,<br />
come vedere nello specchio<br />
riemergere un viso morto,<br />
come ascoltare un labbro chiuso.<br />
Scenderemo nel gorgo muti.</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-47665003237541175142011-02-18T18:32:00.000+01:002011-02-18T18:32:47.771+01:00Cocotte di Guido Gozzano<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"> I. <br />
Ho rivisto il giardino, il giardinetto<br />
contiguo, le palme del viale,<br />
la cancellata rozza dalla quale<br />
mi protese la mano ed il confetto... <br />
<br />
II. <br />
«Piccolino, che fai solo soletto?»<br />
«Sto giocando al Diluvio Universale.»<br />
<br />
Accennai gli stromenti, le bizzarre<br />
cose che modellavo nella sabbia,<br />
ed ella si chinò come chi abbia<br />
fretta d'un bacio e fretta di ritrarre<br />
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre<br />
come si bacia un uccellino in gabbia.<br />
<br />
Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto<br />
di quel suo volto tra le sbarre quadre!<br />
La nuca mi serrò con mani ladre;<br />
ed io stupivo di vedermi accanto<br />
al viso, quella bocca tanto, tanto<br />
diversa dalla bocca di mia Madre!<br />
<br />
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?<br />
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»<br />
«Sì... vedi la mia mamma e il mio Papà?»<br />
Subito mi lasciò, con negli sguardi<br />
un vano sogno (ricordai più tardi)<br />
un vano sogno di maternità...<br />
<br />
«Una cocotte!...»<br />
«Che vuol dire, mammina?»<br />
«Vuol dire una cattiva signorina:<br />
non bisogna parlare alla vicina!»<br />
Co-co-tte... La strana voce parigina<br />
dava alla mia fantasia bambina<br />
un senso buffo d'ovo e di gallina...<br />
<br />
Pensavo deità favoleggiate:<br />
i naviganti e l'Isole Felici...<br />
Co-co-tte... le fate intese a malefici<br />
con cibi e con bevande affatturate...<br />
Fate saranno, chi sa quali fate,<br />
e in chi sa quali tenebrosi offici! <br />
<br />
III. <br />
Un giorno - giorni dopo - mi chiamò<br />
tra le sbarre fiorite di verbene:<br />
«O piccolino, non mi vuoi più bene!...»<br />
«È vero che tu sei una cocotte?»<br />
Perdutamente rise... E mi baciò<br />
con le pupille di tristezza piene. <br />
<br />
IV. <br />
Tra le gioie defunte e i disinganni,<br />
dopo vent'anni, oggi si ravviva<br />
il tuo sorriso... Dove sei, cattiva<br />
Signorina? Sei viva? Come inganni<br />
(meglio per te non essere più viva!)<br />
la discesa terribile degli anni?<br />
<br />
Oimè! Da che non giova il tuo belletto<br />
e il cosmetico già fa mala prova<br />
l'ultimo amante disertò l'alcova...<br />
Uno, sol uno: il piccolo folletto<br />
che donasti d'un bacio e d'un confetto,<br />
dopo vent'anni, oggi ti ritrova<br />
<br />
in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo!<br />
Da quel mattino dell'infanzia pura<br />
forse ho amato te sola, o creatura!<br />
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!<br />
Se leggi questi versi di richiamo<br />
ritorna a chi t'aspetta, o creatura!<br />
<br />
Vieni! Che importa se non sei più quella<br />
che mi baciò quattrenne? Oggi t'agogno,<br />
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno<br />
del tuo passato! Ti rifarò bella<br />
come Carlotta, come Graziella,<br />
come tutte le donne del mio sogno!<br />
<br />
Il mio sogno è nutrito d'abbandono,<br />
di rimpianto. Non amo che le rose<br />
che non colsi. Non amo che le cose<br />
che potevano essere e non sono<br />
state... Vedo la case, ecco le rose<br />
del bel giardino di vent'anni or sono!<br />
<br />
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto<br />
fra gli eucalipti liguri si spazia...<br />
Vieni! T'accoglierà l'anima sazia.<br />
Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto;<br />
ti bacierò; rifiorirà, nell'atto,<br />
sulla tua bocca l'ultima tua grazia.<br />
<br />
Vieni! Sarà come se a me, per mano,<br />
tu riportassi me stesso d'allora.<br />
Il bimbo parlerà con la Signora.<br />
Risorgeremo dal tempo lontano.<br />
Vieni! Sarà come se a te, per mano,<br />
io riportassi te, giovine ancora. </div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-61472560108836680342011-02-14T17:38:00.000+01:002011-02-14T17:38:56.593+01:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div style="color: #444444; text-align: left;"><em>Prima di tutto vennero a prendere gli zingari <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtgEBuraF9Wp-9rdktwnbh4o7zESssg_j4Ud9FYSVdRzTSjURv2cfC38Q-QnqDUJWNRKnB7gyTzxEkXzl2eBChSS3u6e0zJWxnqN3Fu0nfj3dTUImvyGMbRNYFopOnxsdw6uCiOPya_d-p/s1600-h/emmanuelbonsu.jpg"></a></em><em> </em></div><div style="color: #444444;"><br />
</div><div style="color: #444444;"><em>e fui contento, perché rubacchiavano.</em><br />
<br />
<em>Poi vennero a prendere gli ebrei</em><br />
<br />
<em>e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.</em><br />
<br />
<em>Poi vennero a prendere gli omosessuali,</em><br />
<br />
<em>e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.</em><br />
<br />
<em>Poi vennero a prendere i comunisti,</em></div><div style="color: #444444; text-align: left;"><br />
</div><div style="color: #444444;"><em>ed io non dissi niente, perché non ero comunista.</em><br />
<br />
<em>Un giorno vennero a prendere me,</em><br />
<br />
<em>e non c'era rimasto nessuno a protestare.</em><br />
<br />
<em>Bertold Brecht</em></div></div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-40292982425957444322009-11-24T09:17:00.006+01:002009-11-24T09:46:35.283+01:00"Seppure sul più prestigioso trono del mondo siamo sempre comunque seduti sul nostro culo" Montaigne [III,13]C'erano uomini che avevano capito. Anche allora c'era qualcuno che si domandava, forse più di noi ora, se la strada che stavamo percorrendo fosse legittima, e giusta. Uomini che sono i nostri maestri. Uno di questi è Michel Montaigne. Scriveva nell'inoltrato 1500, solo qualche decennio dopo la "scoperta" del Nuovo Mondo, in una delle opere più suggestive e geniali di tutti i tempi, gli "Essais":<br /><br />"Dalla pratica del mondo si ricava una meravigliosa chiarezza per giudicare gli uomini. Siamo tutti gretti e chiusi in noi stessi e non riusciamo a vedere più in là del nostro naso. Domandarono a Socrate di dove fosse. Non rispose "di Atene" ma "del mondo". Lui che aveva uno spirito ricco e capace di una visione ampia della vita, abbracciava l'universo come la sua città, estendeva le sue conoscenze, la sua solidarietà e i suoi affetti a tutto il genere umano, non come noi che guardiamo soltanto al nostro ombelico." [I,26]<br /><br />e ragionava ancora:<br /><br />"Ci siamo valsi della loro ignoranza e inesperienza [dei popoli sottosviluppati] per portarli con maggiore facilità sulla strada del tradimento, della lussuria, della bramosia e di ogni altra sorta di efferatezza e crudeltà, sul modello dei nostri costumi. Chi ha mai assegnato un simile prezzo all'utilità dei commerci e dei traffici? Tante città rase al suolo, tante popolazioni annientate, milioni di uomini passati per le armi e la più ricca e bella parte del mondo sconvolta per il commercio delle perle e del pepe! Vittorie scellerate!" [III,6]<br /><br />"La povertà dei beni può essere risanata ma guarire la povertà dell'anima è impossibile" [III,10]Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-48945092968598463422009-07-15T10:27:00.005+02:002009-07-15T10:37:11.174+02:00L’isola di Arturo di Elsa Morante (1957)<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTL-tmHJkbsL2a0vSSH0AVL17nHO0c-1s0vFW92hSKpxm91UWUJMlxvsUsfILSI6rMRmARAfyL78VTU3WBmAvn82UqlCvRq2reDvm-bfw12-jJdMiB1WSFauQTXXSDzAmYfAxAMrfMTzUX/s1600-h/copertina2-isola-g.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5358602217886775394" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 126px; CURSOR: hand; HEIGHT: 200px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTL-tmHJkbsL2a0vSSH0AVL17nHO0c-1s0vFW92hSKpxm91UWUJMlxvsUsfILSI6rMRmARAfyL78VTU3WBmAvn82UqlCvRq2reDvm-bfw12-jJdMiB1WSFauQTXXSDzAmYfAxAMrfMTzUX/s200/copertina2-isola-g.jpg" border="0" /></a>Arturo Gerace, guerresco ragazzo dal nome di una stella, nasce a Procida da padre di sangue misto, tedesco e italiano (la madre, morta di parto, la conosciamo solo attraverso una fotografia ingiallita). Vive lunghi anni beati tra spiagge e scogliere, pago di sogni fantastici, insieme alla sua cagna Immacolatella e una barca fregiata di titolo piratesco. Non si cura di vestiti né di cibi. E’ stato allevato con latte di capra da un “balio” di nome Silvestro, ormai lontano. La vita per lui è promessa solo di imprese e di libertà assoluta. Un idolo irraggiungibile la vichinga immagine paterna: Wilhelm Gerace, col fazzolettone a fiorami annodato intorno al collo e gli eterni pantaloni scoloriti e pieni di sole. Parte e arriva sempre inatteso, il padre di Arturo, tiene valigia con lo spago, gira l’isola in sandali, dio distratto e crucciato, corsaro di barba incolta, di lunghi capricciosi riposi irrequieti. Sporchissima, a picco sul mare, la disammobiliata abitazione di Arturo, antico convento di frati. Vi crescono erbacce, vi corrono lucertole e la polvere s’ammucchia. Ma non esiste immondizia sull’isola.<br />In questo libro troviamo le sue memorie, dall’idillio solitario alla scoperta della vita: l’amore, l’amicizia, il dolore, la disperazione. Come descriverlo meglio se non riportandone un passo, uno tra i miei più amati, tra i tanti amati…<br /><br /><br /><em>Guapperie inutili</em><br /><br /><em>I libri che mi piacevano di più, è inutile dirlo, erano quelli che celebravano, con esempi reali o fantastici, il mio ideale di grandezza umana, di cui riconoscevo in mio padre l’incarnazione vivente.<br />S’io fossi stato un pittore, e avessi dovuto illustrare i poemi epici, i libri di storia ecc., credo che, nelle vesti dei loro eroi principali, avrei sempre dipinto il ritratto di mio padre, mille volte. E per cominciare l’opera, avrei dovuto sciogliere sulla mia tavolozza una quantità di polvere d’oro, in modo da colorare degnamente le chiome di quei protagonisti.<br />Come le ragazzine si figurano le fate bionde, le sante bionde e le regine bionde, io mi figuravo i grandi capitani e guerrieri tutti biondi, e somiglianti, come fratelli, a mio padre. Se in un libro un eroe che mi piaceva risultava, dalle descrizioni, un tipo moro, di statura mezzana, io preferivo credere a uno sbaglio dello storico. Ma se la descrizione era documentata, e proprio indubbia, quell’eroe mi piaceva meno, e non poteva essere più il mio campione ideale.<br />Quando Wilhelm Gerace si rimetteva in viaggio, ero convinto che partisse verso azioni avventurose ed eroiche: gli avrei creduto senz’altro se m’avesse raccontato che muoveva alla conquista dei Poli, o della Persia come Alessandro il Macedone; che aveva ad attenderlo, di là dal mare, compagnie di prodi al suo comando; che era uno sgominatore di corsari o di banditi, oppure, al contrario, che lui stesso era un grande Corsaro, o un Bandito. Lui non faceva mai parola sulla sua vita fuori dell’isola; e la mia immaginazione si struggeva intorno a quell’esistenza misteriosa, affascinante, a cui, naturalmente, lui mi stimava indegno di partecipare. Il mio rispetto della sua volontà era tale che non mi permettevo, neanche in pensiero, l’intenzione di spiarlo, o seguirlo, di nascosto; e non osavo neppure d’interrogarlo. Volevo conquistare la sua stima, e magari la sua ammirazione, sperando che un giorno, finalmente, lui m’avrebbe scelto per suo compagno nei viaggi.<br />Intanto, quand’eravamo insieme, cercavo sempre l’occasione di mostrarmi valoroso e impavido ai suoi occhi. Attraversavo a piedi nudi, quasi volando sulle punte, le scogliere arroventate dal sole; mi tuffavo nel mare dalle rocce più alte; mi davo a straordinarie acrobazie acquatiche, a esercizi vistosi e turbolenti, e mi mostravo esperto in ogni sistema di nuoto, come un campione; nuotavo sott’acqua fino a perdere il fiato, e riaffiorando riportavo delle prede sottomarine: ricci, stelle di mare, conchiglie. Ma inutilmente, spiando verso di lui da lontano, io cercavo nel suo sguardo l’ammirazione, o almeno l’attenzione. Sedeva a riva senza badarmi; e appena io, disinvolto, fingendomi noncurante delle mie imprese, lo raggiungevo di corsa e mi gettavo sulla sabbia presso di lui: lui si levava con una mollezza capricciosa, gli occhi distratti e la fronte corrugata, come se ascoltasse un invito misterioso, mormoratogli all’orecchio. Alzava le braccia pigre; si lasciava, steso sul fianco nel mare. E si allontanava nuotando lento lento, quasi abbracciato al mare, al mare come a una sposa.</em>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-91304203780115019852009-07-05T12:05:00.004+02:002009-07-05T12:11:25.166+02:00Riflessione sulla "barbarie" della propria provenienza"Cosa c'è di strano se sono siriano?<br />Straniero, noi dimoriamo in un solo paese, il mondo (Kosmos):<br />un unico abisso (Chaos) diede la nascita a tutti i mortali".<br /><br /><em>Prefazione di Meleagro di Gadara (fine II sec inizio I sec a.C.) alla sua antologia di liriche d'amore "romantico", la "Ghirlanda", che avrà vastissima influenza sulla poesia romana in età repubblicana e augustea.</em>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-39419142691837893092009-07-05T10:24:00.004+02:002009-07-05T11:58:39.671+02:00Viaggiatore o colonizzatore?<div>Pensiamo al “Robinson Crusoe” (1719), paradigma letterario perfetto per un certo tipo di viaggiatore. Defoe aveva tratto la sua storia da un episodio realmente accaduto qualche anno prima: un marinaio scozzese venne abbandonato dai compagni su una piccola isola di un arcipelago al largo della costa cilena, dove visse per quattro anni in completa solitudine, fino a quando una nave di passaggio non lo riportò a casa. Nel 1712 uscì un libro del comandante che aveva prelevato il marinaio dall’isola, nello stesso anno la storia comparve anche in un opuscolo firmato Isaac James. Defoe fu l’autore che meglio di ogni altro trasformò le disavventure reali di un marinaio scozzese in un’opera della fantasia, tessendo sulla storia reale un romanzo che divenne rapidamente un “classico” della letteratura occidentale. Il motivo di tanta fortuna è che si presta a diverse letture, e l’opera si rivela preziosa anche per il discorso che a noi interessa: la riflessione “sull’incontro con l’altro”. L’incontro con l’altro di Robinson ha per oggetto un indigeno ribattezzato Venerdì, che Crusoe aveva salvato dal sacrificio di altri indigeni antropofagi. E subito la narrazione di Defoe ci propone un modello di pregiudizio di un uomo occidentale degli inizi del ‘700 nei confronti della natura e delle altre culture. Insomma Robinson Crusoe incarna <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyCo2D-egvSx9AuN7xPqlF01K1q7KkVKrQ-vmv7daK6Kx4DFfIX5LtYNvo2J_S1QNDAJdt73LNytUJkbA0s9VGOsn4Pir2tAxUfYeGNfMM2KcyTb8esWZgwI7LwLeZhywh_KZpct-ODaOU/s1600-h/Robinson_Crusoe_and_Man_Friday_Offterdinger.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5354912604617586722" style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 0px 10px 10px; WIDTH: 195px; CURSOR: hand; HEIGHT: 243px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyCo2D-egvSx9AuN7xPqlF01K1q7KkVKrQ-vmv7daK6Kx4DFfIX5LtYNvo2J_S1QNDAJdt73LNytUJkbA0s9VGOsn4Pir2tAxUfYeGNfMM2KcyTb8esWZgwI7LwLeZhywh_KZpct-ODaOU/s200/Robinson_Crusoe_and_Man_Friday_Offterdinger.jpg" border="0" /></a>perfettamente le aspirazioni e le strutture etico - religiose del suo mondo. Naufraga sull’isola vestito come un perfetto cittadino inglese, con i suoi strumenti, le sue armi e soprattutto con la lettura, la Bibbia, e sull’isola sa ricostruire in piccolo e molto fedelmente le strutture religiose, etiche, sociali, economiche e perfino amministrative dell’Inghilterra puritana e protestante che ha lasciato. Salva un uomo dal barbaro rito cannibalesco, spara colpi di fucile contro uomini e animali, fa esplodere dell’esplosivo per modificare il territorio, instaura un rapporto basato sulla forza e sulla sopraffazione con l’ambiente che lo circonda. Robinson è </div><div>un viaggiatore che non si fa cambiare dal suo viaggio, ma al contrario trasforma il luogo e l’altro che incontra, li costringe a somigliargli. L’isola diventa il suo dominio, gli altri saranno i nemici da temere e combattere, il migliore di loro, Venerdì, diventerà suo schiavo.<br /></div><div> </div><div>Un naufragio meno celebre ma vissuto realmente dall’autore di “Naufragios” (1542), lo spagnolo Alvar Nuňez Cabeza de Vaca, avvenne sulle coste dell’attuale Florida ed è tale da costituire l’esatto rovesciamento di quello di Crusoe. Cabeza de Vaca, al contrario di Robinson, perde nel naufragio tutti gli strumenti della sua civiltà, i vestiti, le armi, gli specchietti e le collanine, che dovevano incantare gli indigeni durante il viaggio di conquista: “Ci trovammo nudi come il giorno in cui venimmo al mondo, privi di quelle poche cose che, in quel frangente, per noi significavano tutto”. Vivrà in una tribù di indios per sette anni, aprendosi alla loro cultura al punto di diventarne elemento fondamentale, lo sciamano. L’integrazione con la sua cultura d’adozione è tale che Cabeza de Vaca arriverà a distinguere, verso la fine del suo racconto, un “noi”, lui e gli indios, e un “loro”, i vecchi connazionali spagnoli, sentiti ormai come estranei. Se Robinson riuscì a conquistare lo spazio incontrato, Cabeza de Vaca ne venne conquistato; se quello aveva asservito l’altro alle proprie convenienze e teorie, questo si era messo al suo servizio; mentre quello imponeva la sua cultura su un’altra ritenuta inferiore, questo la apriva al confronto e, pur senza mai rinnegarla, ne accettava le contaminazioni.<br /></div><br /><div>Non è solo la nostra intelligenza a farci percepire come migliore il secondo tipo di viaggiatore, ma la stessa parola “viaggio”, la cui origine richiama un elemento fondamentale: “viaggio” deriva dal provenzale “viatge”, a sua volta derivato dal latino “viaticum”, che designava originariamente gli “alimenti necessari per compiere la via”. “Viaggio” è quindi “ciò che viene consumato durante la strada”. Si dà al tutto il nome di una sua parte, una sineddoche che serve per illuminare uno degli aspetti più importanti del viaggio: perché un viaggio sia tale non basta considerare il puro spostamento che un individuo compie da un luogo all’altro, ma è necessario osservare cosa abbia alimentato il suo percorso, quale sia stato lo scambio avvenuto per strada, in altre parole, come l’esperienza del viaggio, cioè la scoperta dell’altrove, sia stata recepita e trasformata. La parola inglese “travel” il cui significato è “viaggio” conserva nell’etimologia qualcosa di doloroso: “tripalium” era il nome di uno strumento di tortura, così chiamato perché formato da tre pali. La parola assume quindi connotazione di sofferenza e castigo, come anche nell’italiano “travaglio”, ossia “tormento” e “fase preliminare del parto”. Anche il verbo italiano “partire” conserva nell’etimologia il sostantivo latino “pars”,”partis”, cioè “parte”,“frazione” quindi “distacco”, ma dalla stessa radice ha origine il verbo latino “parere” ossia “partorire”. Le sovrapposizioni travel/travaglio, partire/partorire sembrano paradossi linguistici, ma in realtà costituiscono un nucleo concettuale fondamentale attraverso il quale si organizza l’esperienza del viaggio: che è quella della ri-nascita sotto una forma diversa, data dall’esperienza dell’altrove e dall’incontro con l’altro. Cosa che sappiamo da tempo, nella tradizione del’Occidente giudaico-cristiano è infatti da sempre in cammino la figura di un viaggiatore immortale, ma quello che sembrerebbe un privilegio, vivere in eterno, assume la valenza di un terribile castigo: l’Ebreo errante, colpevole di aver oltraggiato Dio, è costretto a vagare senza meta e senza tempo fino al giorno del Giudizio. L’immortalità si trasforma in condanna, in quanto sottrae il viaggio al dominio normale dell’esperienza. Chi non può morire non potrà nemmeno ri-nascere; se l’esperienza non riesce a trasformare e rinnovare l’individuo, la condanna al moto perpetuo finirà con l’equivalere alla perfetta immobilità.<br /></div><br /><div>Purtroppo il prototipo di viaggiatore che meglio rappresenta la nostra civiltà europea-occidentale è ancora il “magnifico” Robinson Crusoe, che, nella nostra ottica, è l’eroe che ha sconfitto e contemporaneamente salvato il barbaro selvaggio, portando con le regole e la razionalità europea un po’ di “umana civiltà” in un mondo lontano, brutale e pericoloso. Colui che, dall’alto della propria superiorità di strumenti e mezzi, si è sentito a casa in entrambi i mondi, non perché si è aperto a tutti e due, ma perché il secondo l’ha distrutto e ricostruito come facsimile e copia del primo. Un viaggiatore superbo e chiuso, cieco e sordo, in definitiva, non un viaggiatore ma un colonizzatore.</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-47713240804489901612009-07-02T11:28:00.007+02:002009-07-02T11:48:37.178+02:00Anche la Grecia è africana e mediorientaleL’idea di una “Milano nera” del articolo precedente mi ha risvegliato il pensiero di una intera civiltà “nera” che però tende a sbiancarsi: la nostra, europea - occidentale. E’ solo dagli anni ’80 che alcuni studiosi di letteratura europea hanno iniziato un percorso critico nei confronti della propria disciplina, e le conclusioni sono disincantate: il mito delle origini greche della cultura occidentale, è, appunto, un mito, elaborato prima nel Rinascimento ma soprattutto dalla filologia tedesca d’ottocento. Martin Bernal lo chiama “modello ariano” secondo il quale il “miracolo” della civiltà greca avrebbe appunto un origine autoctona, idea costituita e portata avanti da “studiosi accumunati da pregiudizi antisemiti e razzisti”, il modello si sarebbe poi imposto all’opinione pubblica.<br />Oggi, per quasi due secoli ci hanno insegnato a scuola lingua, letteratura, filosofia, pensiero greco, di cui il latino sarebbe diretta discendenza ed espansione. Scrive Arnaldo Momigliano in “Saggezza straniera” – “Siamo effettivamente riusciti a dimenticare il debito che abbiamo verso celti, germani e arabi. Non ci è invece mai permesso di dimenticare quello verso la Grecia, Lazio e la Giudea”. Insomma l’obliterazione semicosciente di vasta area di civiltà nell’orizzonte culturale e formativo dell’occidente.<br />Secondo Bernal gli stessi greci erano coscienti della provenienza egizia, dunque africana, e fenicia, dunque semitica, di elementi e fattori determinanti della cultura greca, quali nomi di luoghi e persone, l’alfabeto, molte narrazioni mitologiche, alcuni aspetti del pensiero filosofico. La democrazia greca, che noi sentiamo alla base concezioni politiche occidentali, sarebbe stata anticipata dall’assemblea dei liberi in età sumerica, e alcuni teoremi attribuiti a Pitagora sarebbero già stati scoperti dai babilonesi già nel II millennio a.C. Molti mitologhemi greci, come la castrazione del padre divino da parte del figlio (Crono) o come l’intera epopea odissiaca, trovano antecedenti e paralleli in narrazioni mesopotamiche, urrite o ittite: l’intera “Teogonia” di Esiodo dipende, come è ormai accettato anche sui manuali scolastici, dal poema accadico “Enûma elish”, II millennio a.C.<br /><br />Sottolineando che <strong>“La Grecia è parte dell’Asia, e la letteratura greca è una letteratura mediorientale”</strong> (M.L.West) e che quindi dobbiamo abituarci all’idea dell’esistenza di una koiné nel mediterraneo orientale, di cui la cultura greca, culla dell’occidente, è una delle tante espressioni e spesso non la prima; non voglio di certo con questo togliere valore all’antichità greca, forse aggiungerlo facendo perno sulla multiculturalità della Grecia antica, con gli apporti mediorientali e africani. Più volte ho ripetuto in questo blog come io sostenga una poetica del diverso, nel senso, come intendeva Glissant, di una “Poetica della Relazione”, relazione con l’Altro che rende molto più concreto il nostro astratto “essere” e sempre con lui che “tutto il mondo si creolizza, tutte le culture sono in contatto con tutte la altre e non è possibile impedire continui scambi”, solo continua Glissant, ci sono due tipi di culture: quelle ataviche dove la creolizzazione è avvenuta tanto tempo fa e oggi tendono a considerarsi entità a sé stanti, e quelle composite dove è avvenuta più recentemente e hanno minor difficoltà a riconoscersi come meticcie, “le culture ataviche difendono in maniera spesso drammatica lo statuto della loro identità a radice unica, per la concezione sublime e mortale che i popoli d’Europa hanno veicolato in tutto il mondo, ovvero che ogni identità è un’identità a radice unica, che esclude ogni altra. Questa visione si oppone alla nozione reale nelle culture composite dell’identità come fattore e risultato di una creolizzazione, e quindi dell’identità come rizoma, radice che si incontra con altre radici”.<br />Ecco cosa ritengo valga di più: <strong>una visione reale e integra, non preconcetta sul mondo</strong>.<br /><br />A chi interessa, piccolo excursus di paralleli e paragoni letterari tra poesia greca arcaica e poesia del Vicino Oriente ripresi dal colossale studio degli ultimi anni di Martin L. West “The East Face of Helicon”:<br />- Metafore come “cuor di leone” e “duro come pietra” sono comuni a tutta l’area mediterranea<br />- Il raro aggettivo omerico “anemo’ios”, “ventoso” nel senso di “vano” sembra avere paralleli non in greco classico ma nell’epoca semitica<br />- L’immagine “fuoco che mangia” o l’anafora “vidi… vidi” o “vedemmo… vedemmo”, usuale dall’Odissea a Rimbaud, ha precedenti nella versione medio babilonese del Diluvio universale<br />- L’uso di figure come l’epanalessi, ben attestata in documenti ugaritici<br />- Moduli descrittivi come “C’è una città chiamata…” sono sia omerici che ittiti e gilgameshiani<br />- Alcune esclamazioni greche, come “aiai”, sembrano venire da lingue semitiche<br />- Paragoni poetici come “Amore mi scuote come il vento un albero” si trovano in Saffo ma anche in Isaia o la formula interrogativa “a chi potrò paragonarti” si riscontra nella poetessa di Lesbo ma anche in Ezechiele<br />- L’uso in funzione comparativa della preposizione “di” (fiori d’oro) presente già in Pindaro ha attestazioni nell’epos di GilgameshElishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-54999546520433974722009-06-07T20:34:00.002+02:002009-06-07T20:42:39.264+02:00Perché Milano è davvero africana<p align="justify"><br />Ciao. Noto con tristezza che l'ultimo post è ormai vetusto e datato gennaio 2009! E' ora di ricominciare a scrivere e per l'occasione voglio postare un bell'articolo di <i>Rinaldo Gianola</i> sull'immigrazione a Milano, tratto dal sito de L'Unità il 6 giugno 2009. Buona lettura.<br><br><br><br />Ci sono così tanti immigrati in giro per le strade che Milano sembra una città africana, si lamenta Silvio Berlusconi. E ha ragione. Milano è davvero un po’ africana, ma non solo: è rumena, egiziana, cinese, ucraina, filippina e molto altro ancora. Milano è il luogo dell’immigrazione, della secolare accoglienza, a volte contrastata e spesso violenta, di tutte le etnie possibili, e prima che diventasse il paradigma del volgare governo della destra e della Lega questa era anche la città che offriva l’occasione dell’emancipazione e del riscatto a milioni di “diversi” che cercavano fortuna sotto le guglie del Duomo. <br><br>Berlusconi è un milanese, nato nel quartiere popolare dell’Isola, a pochi metri di distanza dalla storica sede dei comunisti di via Volturno. Poi ha frequentato l’istituto dei Salesiani, ma pare aver dimenticato tutto. Sarà colpa della “gnocca”, come spiega Libero, o degli effetti collaterali delle pozioni miracolose che promettono l’eterna giovinezza, ma il premier ha rimosso la storia e i suoi ricordi. Forse dovrebbe chiedere aiuto all’amico Fedele Confalonieri il quale potrebbe ricordargli la "casbah" attorno alla Stazione Centrale, le “coree” proletarie delle periferie, l’invasione dei “terroni” che consumavano la vita nelle fabbriche della cintura nord. Tutti immigrati, deboli, umili e con un gran voglia di farcela. Come Weah, ex centravanti molto “abbronzato” del Milan.<br><br>Milano è africana e molto altro ancora perchè qui la Chiesa è storicamente aperta e tollerante. In questa città, agli albori del cristianesimo, l’africano, africano per davvero, Sant’Agostino viene convertito e battezzato da Sant’Ambrogio, il patrono della città. Federico Borromeo spediva i suoi inviati in giro per il mondo ad acquistare i Codici arabi, i testi dell’Islam, a cercare e conoscere le culture diverse, quelle lontane dal cristianesimo. Questi volumi erano curati, studiati, conservati e oggi quel patrimonio è custodito in quel gioiello che è la Biblioteca Ambrosiana dove vengono ospitati a studiare neri e perfino musulmani. Questo è il Dna della Milano africana che fa paura oggi a Berlusconi e ai suoi sodali leghisti. Il consigliere Salvini della Lega che propone carrozze e posti della metropolitana riservati ai milanesi dovrebbe essere costretto a studiare per qualche anno all’Ambrosiana.<br><br>Milano è africana perchè è una città che ha prosperato sull’immigrazione. E questo fenomeno non è finito, continua, si allarga, spaventa ma si perpetua. Su quattro milioni di persone che ogni giorno vivono e lavorano a Milano circa il 10% sono immigrati ma probabilmente la percentuale vera, quella che sfugge alle statistiche ufficiali, è più alta. Le colf filippine, le badanti ucraine, i ristoratori cinesi, i muratori rumeni, i facchini latino americani, i siderurgici africani, fanno funzionare le aziende e le famiglie, alimentano lo sviluppo, questa è la realtà come avviene a Londra, Parigi e Berlino. <br><br>Oggi se l’immigrazione, se Milano africana fanno paura è perchè manca un governo dell’accoglienza, perchè si pensa che solo le legnate possano produrre risultati, perchè il vice sindaco De Corato annuncia che su 25 stupri ben 23 sono responsabilità di extracomunitari ma dimentica di chiedere alla Procura l’elenco delle violenze consumate tra le serene mura domestiche degli italiani. Sui giornali finiscono solo i rom. Si vorrebbe che gli immigrati andassero a lavorare in fabbrica, ma poi sparissero ai nostri occhi per non disturbare. Così si spiega che in una metropoli ricca e opulenta come Milano la comunità islamica non abbia ancora un posto per la preghiera. E magari sarà costretta a rioccupare il marciapiede di viale Jenner.<br><br>L’anno scorso, durante una puntata dell’Infedele di Gad Lerner, una bella signora africana, spiegando la sua vita, disse: «Noi ci prendiamo cura degli italiani». È vero, è una frase perfetta se solo fossimo capaci di capire. <br /></p>Allanonhttp://www.blogger.com/profile/17566714886538775552noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-68380603225104911722009-01-01T11:39:00.005+01:002009-01-01T12:57:36.936+01:00La barzelletta delle intercettazioni telefoniche, un caso emblematico di "necessità dei potenti truffaldini".<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMhqYa_3KbY4uG_DyPnTj9kbjZrIXvEQqEb3eCT1wzy8QSY09avviixOEI-7JPPNlMK3Iwqe4wcsdKEpYzbT-rScKy3FJckEYy7vFT7Kzz7_W41rIwi0bNYqFpPdSi_QOH7ZO1MO1d_eAW/s1600-h/berlusconi-thumb.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5286290393873727618" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 320px; CURSOR: hand; HEIGHT: 317px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMhqYa_3KbY4uG_DyPnTj9kbjZrIXvEQqEb3eCT1wzy8QSY09avviixOEI-7JPPNlMK3Iwqe4wcsdKEpYzbT-rScKy3FJckEYy7vFT7Kzz7_W41rIwi0bNYqFpPdSi_QOH7ZO1MO1d_eAW/s320/berlusconi-thumb.jpg" border="0" /></a>Con l'arrivo dell'anno nuovo voglio sottoporvi una serie di quesiti che attanagliano la mia mente dal momento in cui il nostro signor Premier ha iniziato a sviolinare la serie di interventi che intende portare avanti in questo nostro nuovo 2009 (che invece noi non vogliamo farci rovinare). A parer mio (ma sarò sola?) Berlusconi intende continuare a distruggere il nostro Paese, dandogli addirittura il cacio falloso per portarlo alla disfatta finale.<br />Allora sì che il nostro Bel Paese potrà dirsi davvero finito, in mano alla corruzione, premiata, e quindi sempre più dilagante, a un potere corrotto e truffaldino: politici, giudici, forze di polizia ma anche "semplici" imprenditori o amministratori. Tanto il nostro è sempre stato e sarà il Paese dei fubetti e dei voltafaccia, dei moralisti di facciata e dell' "arraffa-arraffa che tanto nessuno ti fa niente" (se hai i soldi e qualche buon intermediario). Il Paese dove "lo fanno tutti" funge da intensa giustificazione morale e dove, se ti tovi nei guai con la giustizia, puoi sempre reclamare un ingiusto giustizialismo (che ossimoro efficace) proprio nei tuoi confronti (chissà se il ventenne spacciatore, preso con le mani nel sacco, potrà cercare di difendersi davanti ai giudici dicendo che la polizia però lo seguiva da mesi, forse da anni...come dire, si può chiudere un occhio ogni tanto, anche due). E ciò sembra non scuotere la coscienza di molti.<br />Va bene, ora andiamo al punto Berlusconi promette per il nuovo anno, riforme sulla giustizia, sui processi civili e penali, oltre che sulle <em><span style="color:#ff0000;">intercettazioni telefoniche</span></em>. E' quest'ultimo punto che mi ha fatto fare un, nuovo, enorme salto sulla sedia.<br />Rispuntano tra i "grandi" problemi del Paese le intercettazioni telefoniche. Sembra una barzelletta non è vero? In primo luogo mi chiedo come fa, con quale enorme potere, Belusconi sia riuscito, ok dopo averne parlato in tv diverse volte, a far credere alla gente comune, ma non solo (anche Vespa, mentre continua a servirsene per alcuni processi che segue nel suo "Porta a Porta" come il delitto di Cogne o di Erba, ripete come sia fondamentale limitarle) che le intercettazioni telefoniche siano un grosso problema del Paese, al punto che le stesse persone comuni debbano essere all'erta, perchè potrebbero essere spiate e intercettate in qualsiasi momento. Ma perfavore! Sarà mai possibile una cosa del genere? Capisco che la mia vicina abbia manie di grandezza ma non credevo davvero che la gente fosse così stupida. E, per riprendere il discorso di prima, su come il nostro Paese premi e sia fedele ai furbetti e moralisti di facciata, sarebbe grave essere intercettati perchè "ce ne sono pochi con la coscienza a posto".<br />Insomma come a dire che se sei un onesto cittadino italiano che paga le sue tasse e fa il suo lavoro onestamente dovresti preoccuparti di qualcosa! Io farò parte di quella "piccola" parte di italiani che si sentono tranquillamente a posto con se stessi e che non me ne sbatte un tubo delle intercettazioni telefoniche, nel senso che le ritengo molto utili per certi tipi di misfatti, sopratutto quelli legati alle alte sfere, politiche o ecomoniche che siano, visto che si sono dimostrate, in quegli ambiti, le uniche ricerche efficaci. Ricordo, solo così per sfizio, Bancopoli, Calciopoli, clinica horror Santa Rita, Sismi deviato, Tangentopoli a Firenze, Pescara, Napoli, Potenza. Appare lampante a questo punto come le intercettazioni telefoniche siano sì un grosso problema, ma solo per quei potenti che, con i soldi possono comprare tutto, ma non possono (sempre con quelli) cancellare loro parole ormai registrate.<br />Come ha detto il nostro Premier le intercettazioni telefoniche potranno essere utilizzate solo per i reati maggiori, sopra i 15 anni di reclusione, come il terrorismo internazionale e il crimine organizzato di stampo mafioso. Ma volete sapere quali sono quindi i reati "minori" per cui vengono vietate? Associazione a delinquere, sequestro di persona, rapina, stupro, furto, spaccio, estorsione, <em>truffa</em>, <em>frode fiscale</em>, <em>bancarotta</em>, omicidio colposo e sfruttamento della prostituzione. Sono reati minori questi? Sarà felice lo spacciatore ma sarà molto più felice il dirigente corrotto, l'affarista truffaldino, il politico consenziente.<br />Spero vivamente che qualche voce si leverà e si farà sentire, perchè ci siamo stufati tutti di questo silenzio-assenzo che continua a far da padrone nel nostro Paese, di questa grande barzelletta che è l'Italia che "decostruiamo/costruiamo" zoppa giorno dopo giorno.Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-37791739890970360472008-12-21T12:17:00.008+01:002008-12-21T12:53:43.061+01:00"La vergine nera" di Albert Abble.<em>Con l'approssimarsi del Natale, io (chiaro esempio della secolarizzazione secondo taluni), mi sono trovata a riflettere più spesso sulla religione, e, sempre tra le mie peregrinazioni mentali, mi sono imbattuta in questa poesia, datata 1957, di un poeta cattolico nero, che, giustamente, rivendica la propria africana Vergine nera. Come dargli torto?</em><br /><br /><br /><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">La vergine nera</span></strong> </div><br /><div align="left"></div><div align="left">Io vado in cerca d'un artista negro</div><div align="left">che mi dipinga una Vergine Nera,</div><div align="left">una Vergine con un bel "keyowa",</div><div align="left">com'usano portar le mamme nostre.</div><div align="left">Tu ben lo sai, o Madre,</div><div align="left">T'han prestato i loro color i Gialli,</div><div align="left">e rossa T'han fatto a lor volta i Rossi,</div><div align="left">Qual figlia dell'Occidente, T'han raffigurata i Bianchi. </div><div align="left">Saresti forse restia</div><div align="left">A prender la tinta nostra?</div><div align="left">Dal giorno in cui rapita</div><div align="left">Fosti da questa terra</div><div align="left">E con trionfo sommo entrasti nella gloria</div><div align="left">Tu non hai più color.</div><div align="left">Meglio, Tu divenisti</div><div align="left">D'ogni color adorna;</div><div align="left">Tu sei gialla pei Gialli,</div><div align="left">e rossa per i Rossi,</div><div align="left">bianca tu sei pei Bianchi,<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIa2vFNWjt6nowV6T7ERuoUQu7iqTQ2H4gFBO3BdSOV80YZ42C3n4-cL9iWEmfZCUFU0OcjEdTvKOlNeqJPdI5gGGVZkvIYCcJS4HWs3u99vAcAgLRVnrquwU_-W17978YkJ8dsTwJycRq/s1600-h/Blackmadonna.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5282209177756576178" style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 0px 10px 10px; WIDTH: 240px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIa2vFNWjt6nowV6T7ERuoUQu7iqTQ2H4gFBO3BdSOV80YZ42C3n4-cL9iWEmfZCUFU0OcjEdTvKOlNeqJPdI5gGGVZkvIYCcJS4HWs3u99vAcAgLRVnrquwU_-W17978YkJ8dsTwJycRq/s320/Blackmadonna.jpg" border="0" /></a></div><div align="left">e nera per i Negri:</div><div align="left">Come Madre di più figli</div><div align="left">Di colori differenti,</div><div align="left">la quale in ognuno di loro,</div><div align="left">in modo egual si ritrova.</div><div align="left">Così Tu sei, o Madre,</div><div align="left">Mamma dei Negri ancora,</div><div align="left">Madre di colore nero</div><div align="left">Sul cui dorso riposa</div><div align="left">il Bambino Gesù.</div><div align="left">Una Vergine con un bel "keyowa"</div><div align="left">Com'usan portar le mamme nostre</div><div align="left">Una Vergine in bel sembiante nero</div><div align="left">Un pittor negro a rimirar mi dia.</div><br /><div align="left"></div><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;"></span></strong></div><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">Albert Abble</span></strong></div>da "Nera ma bella. Per un'analisi storico-religiosa del culto mariano in Africa", Danila Visca, Bulzoni Editore, 2002.Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-25689956070693524262008-12-04T21:11:00.003+01:002008-12-04T21:22:33.478+01:00«Non ridere, non piangere, non giocare» I 30 mila piccoli italiani illegali in Svizzera.Riporto un bell'articolo apparso sul Corriere della Sera lo 02/12/08, perchè illuminante e perchè si riallaccia al post sull'emigrazione italiana nel mondo di qualche tempo fa.<br /><span style="font-size:85%;"></span><br /><div align="left"><em>Anni Settanta<br /></em><em><strong>«Non ridere, non piangere, non giocare» I 30 mila piccoli italiani illegali in Svizzera.<br /></strong>Quando Berna ostacolava i ricongiungimenti familiari dei nostri emigranti. E i mariti assumevano le mogli come domestiche per farle arrivare.</em></div><div align="left"><em><br /></div></em><em>Le mogli e i bambini degli immigrati? «Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Che minacciano nello spettro d'una congiuntura lo stesso benessere dei cittadini. Dobbiamo liberarci del fardello». Chi l'ha detto: qualche xenofobo nostrano contro marocchini o albanesi? No: quel razzista svizzero di James Schwarzenbach. Contro gli italiani che portavano di nascosto decine di migliaia di figlioletti in Svizzera. E non nell' 800 dei dagherrotipi: negli anni Settanta e Ottanta del '900.<br />La casa del fanciullo a Domodossola. Foto del 1974Quando Berlusconi aveva già le tivù e Gianfranco Fini era già in pista per diventare il leader del Msi. Per questo è stupefacente la rivolta di un pezzo della destra contro la sentenza della Cassazione, firmata da Edoardo Fazzioli, che ha assolto l'immigrato macedone Ilco Ristoc, denunciato e processato perché non si era accontentato di portare in Italia con tutte le carte in regola (permesso di soggiorno, lavoro regolare, abitazione decorosa) solo la moglie e il bambino più piccolo ma anche la figlioletta Silvana, che aveva 12 anni. Cosa avrebbe dovuto fare: aspettare di avere un giorno o l'altro l'autorizzazione ulteriore e intanto lasciare la piccola in Macedonia? A dodici anni? Rischiando addirittura, al di là del trauma, il reato di abbandono di minore? Macché. Il leghista Paolo Grimoldi, indignato, si è chiesto «se la magistratura sia ancora un baluardo della legalità oppure il fortino dell'eversione».<br />E la forzista Isabella Bertolini ha bollato il verdetto come «un'altra mazzata alla legalità» e censurato la «legittimazione di un comportamento palesemente illegale». Lo «stato di necessità» previsto dalla legge e richiamato dalla suprema Corte, a loro avviso, non è in linea con le scelte del Parlamento. L'uno e l'altra, come quelli che fanno loro da sponda, non conoscono niente della grande emigrazione italiana. Niente. Non sanno che larga parte dei nostri emigrati, almeno quattro milioni di persone, è stata clandestina. Lo ricordano molte copertine della Domenica del Corriere, il capolavoro di Pietro Germi «Il cammino della speranza», decine di studi ricchi di dettagli (tra cui quello di Simonetta Tombaccini dell'Università di Nizza o quello di Sandro Rinauro sulla rivista «Altreitalie» della Fondazione Agnelli) o lo strepitoso reportage in cui Egisto Corradi raccontò sul Corriere d'Informazione del 1947 come aveva attraversato il Piccolo San Bernardo sui sentieri dei «passeur» e degli illegali. Non conoscono storie come quella di Paolo Iannillo, che fu costretto ad assumere sua moglie come domestica per portarla a vivere con lui a Zurigo. Ma ignorano in particolare, come dicevamo, che la Svizzera ospitò per decenni decine di migliaia di bambini italiani clandestini. Portati a Berna o Basilea dai loro genitori siciliani e veneti, calabresi e lombardi, a dispetto delle leggi elvetiche contro i ricongiungimenti familiari. </em><br /><br /><em>Leggi durissime che Schwarzenbach, il leader razzista che scatenò tre referendum contro i nostri emigrati, voleva ancora più infami: «Dobbiamo respingere dalla nostra comunità quegli immigrati che abbiamo chiamato per i lavori più umili e che nel giro di pochi anni, o di una generazione, dopo il primo smarrimento, si guardano attorno e migliorano la loro posizione sociale. Scalano i posti più comodi, studiano, s'ingegnano: mettono addirittura in crisi la tranquillità dell'operaio svizzero medio, che resta inchiodato al suo sgabello con davanti, magari in poltrona, l'ex guitto italiano». Marina Frigerio e Simone Burgherr, due studiosi elvetici, hanno scritto un libro in tedesco intitolato «Versteckte Kinder» (Bambini nascosti) per raccontare la storia di quei nostri figlioletti. Costretti a vivere come Anna Frank. Sepolti vivi, per anni, nei loro bugigattoli alle periferie delle città industriali. Coi genitori che, terrorizzati dalle denunce dei vicini, raccomandavano loro: non fare rumore, non ridere, non giocare, non piangere. Lucia, raccontano Burgherr e la Frigerio, fu chiusa a chiave nella stanza di un appartamento affittato in comune con altre famiglie, per una vita intera: «Uscì fuori per la prima volta quando aveva tredici anni». Un'altra, dopo essere caduta, restò per ore ad aspettare la mamma con due costole rotte. Senza un lamento. Trentamila erano, a metà degli anni Settanta, i bambini italiani clandestini in Svizzera: trentamila. Al punto che l'ambasciata e i consolati organizzavano attraverso le parrocchie e certe organizzazioni umanitarie addirittura delle scuole clandestine. E i nostri orfanotrofi di frontiera erano pieni di piccoli che, denunciati dalla delazione di qualche zelante vicino di casa, erano stati portati dai genitori appena al di qua dei nostri confini e affidati al buon cuore degli assistenti: «Tenete mio figlio, vi prego, non faccio in tempo a riportarlo a casa in Italia, è troppo lontana, perderei il lavoro: vi prego, tenetelo». Una foto del settimanale Tempo illustrato n. 7 del 1971 mostra dietro una grata alcuni figli di emigranti alla Casa del fanciullo di Domodossola: di 120 ospiti una novantina erano «orfani di frontiera». Bimbi clandestini espulsi. Figli nostri. Che oggi hanno l'età di Grimoldi e della Bertolini. </em><br /><br /><em>Dicono: la legge è legge. Giusto. Ma qui il principio dei due pesi e delle due misure nella Costituzione non c'è. E la realtà dice che almeno un milione di italiani vivono oggi in condizioni di sovraffollamento nelle sole case popolari senza essere, come è ovvio, colpiti da alcuna sanzione: non si ammanettano i poveri perché sono poveri. A un immigrato regolare e a posto con tutti i documenti che sogna di farsi raggiungere dalla moglie e dai figli esattamente come sognavano i nostri emigrati, la nuova legge chiede invece non solo di dimostrare un reddito di 5.142 euro più altri 2.571 per la moglie e ciascuno dei figli ma di avere a disposizione una casa di un certo tipo. E qui la faccenda varia da regione a regione. In Liguria ad esempio, denuncia l'avvocato Alessandra Ballerini, in prima linea sui diritti degli immigrati, occorre avere una stanza per ogni membro della famiglia con più di 14 anni più un vano supplementare libero (esempio: il salotto) più la cucina e più i servizi igienici. Il che significa che una famiglia composta da padre, madre e quattro figli adolescenti dovrebbe avere una casa con almeno sei stanze. Quanti italiani hanno la possibilità di vivere così? Quando vinse la Coppa dei Campioni, coi soldi dell'ingaggio e del premio per la coppa, Gianni Rivera comprò un appartamento a San Siro. Il papà e la mamma dormivano nella camera matrimoniale, il fratello nella cameretta e lui in un divano letto in salotto. Se invece che di Alessandria fosse stato di Belgrado, sarebbe stato fuorilegge. Ed era Gianni Rivera. Il campione più amato da un'Italia certo più povera. Ma anche più serena di adesso.<br /></em><br /><em>Gian Antonio Stella</em><br /><em>02 dicembre 2008 </em>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-80731068070643152932008-11-29T09:33:00.003+01:002008-11-29T09:41:22.048+01:00Fermiamo tutti insieme la tratta di cuccioli.<div align="center"><a href="http://www.nonlosapevo.com/home.htm"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5273994827743940850" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 250px; CURSOR: hand; HEIGHT: 95px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHhZboRN7O85G-fMBsrIEEzPQdXbG90lNtPfzryacwkghIWIsj41KeYMEI7BA5TqlS2QSh39KEYRL7yg2qfS3O-ZHwoFE3E7RdonTAtRoVtEtdd7bXPtiFxuOQE6ee8Ghzw-Z_I9c3jZPE/s320/7883_rompiamo_le_scatole_logo.gif" border="0" /></a>Clicca sul banner per entrare nel sito della LAV e scoprire come fermare questa ignobile tratta di esseri viventi.</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-59066681156303794232008-11-24T16:59:00.003+01:002008-11-28T11:27:38.878+01:00Morte tra i banchi di scuola.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUhJ5sx2HIdbfXMoRRMVp_qHfTyYxjufuF8hSvRMf6Cbh-arnPeT1z0P3Txhuq1kAUIjYdJFFQvINzuFYDT5QBy8Mdxp2N0vdMv55uGtlzF8rbxRtyOLH4_NXfXcPktsyiZeRfLIVe0Gwp/s1600-h/Vito+Scafidi.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5272255049438546098" style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 0px 10px 10px; WIDTH: 230px; CURSOR: hand; HEIGHT: 170px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUhJ5sx2HIdbfXMoRRMVp_qHfTyYxjufuF8hSvRMf6Cbh-arnPeT1z0P3Txhuq1kAUIjYdJFFQvINzuFYDT5QBy8Mdxp2N0vdMv55uGtlzF8rbxRtyOLH4_NXfXcPktsyiZeRfLIVe0Gwp/s320/Vito+Scafidi.jpg" border="0" /></a>Il 22 novembre 2008 un giovanissimo studente del liceo scientifico Darwin a Rivoli, nel comune di Torino, è morto in seguito al crollo di un soffitto di un'aula. Altri venti ragazzi sono rimasti feriti, di cui quattro in gravi condizioni. La vittima si chiamava <strong>Vito Scafidi</strong>, aveva 17 anni, si trovava nella sua classe, durante l'intervallo, quando il soffitto è crollato. Un cedimento strutturale - non il vento o il maltempo - sarebbe la causa del crollo. La scuola è un edificio dei primi anni del Novecento. Nato come seminario, ha subito l'ultima ristrutturazione negli anni Settanta. L'incidente si è verificato chiaramente nella parte vecchia dell'istituto.<br />Una tragedia (annunciata) che quindi può avvenire anche nel tanto decantato nord Italia. Non soltanto al sud, come ci torna alla memoria la terribile mattinata del 31 ottobre 2002, quando una scossa dell’ottavo grado della scala Mercalli fa crollare il tetto di una scuola elementare, la “Francesco Jovine”, a San Giuliano, dove perdono la vita sotto le macerie 26 bambini tra i 6 e i 10 anni e una maestra.<br /><strong>Proprio come coloro che perdono la vita sul luogo di lavoro, e se possibile ancora più ingiusta, è la morte dei giovani sui banchi di scuola</strong>. Ma questa è la verità della scuola statale italiana (parlo di statale perché è l’unica che conosco, e perché credo che quelle private qualche fondo in più per non far rischiare la vita ai propri giovani l’abbiano).<br /><div align="justify">Bambini, fanciulli e adolescenti piegati su banchi scricchiolanti, seduti su sedie zoppe che perdono viti, con aule dismesse, termosifoni mal funzionanti, tra crepe, infiltrazioni, intonaco che si stacca. Spesso una sedia che si rompe e cede è causa di contusioni, meno gravi di una morte, ma sempre inaccettabili. </div><div align="justify">Questa è la realtà soprattutto dei Licei italiani, che si fregiano di essere collocati in edifici storici, ma poi mancano i soldi per rendere questi bellissimi edifici sicuri ed agibili. Mancano uscite d’emergenza, scale esterne, spesso ci sono barriere architettoniche. (Ciò che scrivo viene dall’esperienza diretta dei miei anni liceali, poco tempo fa.)</div><div align="justify">Non è possibile che lo Stato continui a dimostrare l’assoluto disinteresse per i suoi giovani, non si può continuare a vedere l’istruzione deturpata e rapinata da ogni possibilità di crescita, di produzione, di incentivazione, sia da un punto di vista “culturale” sia, come purtroppo bisogna constatare oggi, da un punto di vista “strutturale”. La scuola è tra gli elementi più importanti sui quali si basa il futuro di una nazione, ma i governi che si succedono continuano a non capirlo, o meglio, a non volerlo vedere, lasciando ai posteri il disastro che stanno creando oggi. Lo Stato dovrebbe comportarsi come un padre premuroso nei confronti di quei giovani e di quelle famiglie che hanno fiducia in lui, che lo continuano a scegliere nonostante le difficoltà sempre maggiori, non dovrebbe vedere la scuola come un fardello da portarsi dietro, a cui dare solo qualche briciola racimolata qua e là per non farla “morire”. Non mi sembra eccessivo dire che la realtà della scuola italiana statale è completamente da rivedere.</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-16643692370940703922008-11-16T13:40:00.004+01:002008-11-16T14:01:38.734+01:00Fucine d'odio e violenza.<p><object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/i3IepllekLY&hl=it&fs=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/i3IepllekLY&hl=it&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object></p><p>Sono stati arrestati i quattro aggressori 'naziskin' che, nella notte del 14 novembre, hanno pesantemente picchiato due giovani in piazza della Mercanzia a Bologna, colpevoli di essere stati identificati come "comunisti". E tra gli arresti troviamo anche due componenti della skinheads-band bolognese "Legittima offesa", di cui posto un video (eloquiente), e il quale sito è stato prontamente oscurato. Ora che le cose non vanno tanto bene meglio correre ai ripari, e cancellare ciò che li avrebbe immediatamente incriminati di razzismo, antisemitismo, persecuzione, incitazione alla violenza ecc... ecc... </p><p>Io mi chiedo: ma non lo si sa già da prima? Questi movimenti "naziskin", "skinhead" e via dicendo non sono soltanto <strong>fucine d'odio</strong>? Macchine per l'<strong>incitazione</strong> <strong>di violenza</strong> che prima o poi da qualche parte deve esplodere? Non li si può sentir dire certe cose e riuscire a trattenere la risata che sgorga spontanea per la mediocrità mentale di certe affermazioni (la testa è proprio piccola piccola) però ci sono, camminano per le nostre strade, e a volte fanno anche paura.</p><p><br /> </p>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-44543710193589374732008-11-13T18:13:00.004+01:002008-11-13T18:18:49.033+01:00Cesare Pavese "Due poesie a T."<div align="center">Anche tu sei l’amore.<br />Sei di sangue e di terra<br />come gli altri. Cammini<br />come chi non si stacca<br />dalla porta di casa.<br />Guardi come chi attende<br />e non vede. Sei terra<br />che dolora e che tace.<br />Hai sussulti e stanchezze,<br />hai parole – cammini<br />in attesa. L’amore<br />è il tuo sangue – non altro. </div><div align="center"><br /></div><div align="center"><span style="font-size:78%;"></span></div><div align="center"><span style="font-size:78%;"></span></div><div align="center"><span style="font-size:78%;"></span></div><div align="center"><span style="font-size:78%;">[23 giugno 1946]</span></div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-28591421066681313312008-11-12T13:55:00.003+01:002008-11-12T14:08:07.896+01:00ANSA<em>(ANSA) - BOLOGNA, 12 NOV - Otto agenti, un ispettore capo e un commissario capo. Sono dieci i vigili urbani di Parma indagati per il presunto pestaggio di Emmanuel Bonsu Foster. Lo studente ghanese fu fermato per errore perche' 'scambiato per il palo di un pusher' in un'operazione antidroga. Percosse aggravate, calunnia, ingiuria, falso, violazione dei doveri d'ufficio le accuse ipotizzate dalla Procura. Interrogato in centrale il ragazzo sarebbe stato ripetutamente insultato: 'negro' e 'scimmia' gli epiteti usati per indurlo a confessare 'un reato mai commesso', scrivono i Pm. (ANSA).</em><br /><br />Non avevo mai avuto dubbi... come non avevo mai avuto dubbi che quella scrittura scomposta e semi-analfabeta che appariva sulla busta con gli effetti personali di Emmanuel fosse opera di qualche (ignorante) rappresentante di Stato.Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-56616108975036950622008-11-10T15:58:00.008+01:002008-11-11T08:28:08.504+01:00Emigrazione italiana nel mondo, "poeticamente" rilevante.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdjT8AoAwyU9oUDvTb4DJUMApipg7yrx9s-o5noPL4SxKR_MflwgZScYAQMBt5fxh6k2_8rHjsukcyBTins54NZma8BFvIcMeSJLw18p9gRd-HLaMYgPdUiiOEvVHFdSBT45prLOmRO14H/s1600-h/emigranti.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5267046029331240354" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 262px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdjT8AoAwyU9oUDvTb4DJUMApipg7yrx9s-o5noPL4SxKR_MflwgZScYAQMBt5fxh6k2_8rHjsukcyBTins54NZma8BFvIcMeSJLw18p9gRd-HLaMYgPdUiiOEvVHFdSBT45prLOmRO14H/s320/emigranti.jpg" border="0" /></a>In ambito letterario già una quindicina d’anni fa (con grande senso di preveggenza) Armando Gnisci aveva pubblicato un saggio “<em>Il rovescio del gioco</em>” dove si delimitava l’arco cronologico e il corpus della letteratura italiana di migrazione in questa maniera -“inizia con le migrazioni di intere popolazioni di italiani verso tutto il mondo alla ricerca di lavoro a partire dall’immediato periodo post-unitario e trova il suo completamento nella letteratura scritta dagli immigrati, venuti in Italia da tutto il mondo in cerca di lavoro, a partire dall’ultimo decennio XX secolo”-.<br /><div align="justify">Il titolo è emblematico, risulta infatti un dittico, sono due gli aspetti della medaglia, <strong>prima gli italiani nel mondo, poi da tutto il mondo verso l’Italia</strong>. L’Italia ha vissuto una fortissima emigrazione, prima essenzialmente verso le due Americhe, poi, dopo l’interruzione del ventennio fascista, prevalentemente mirata verso i paesi europei occidentali settentrionali. Diaspora che in un secolo ha coinvolto milioni di emigrati, ha fatto nascere nelle grandi città del mondo vere e proprie colonie, chiamate <em>little Italies</em>, che hanno mantenuto lingua e tradizioni italiane per alcune generazioni. Nell’ambito di questa grande comunità migratoria sono state scritte e pubblicate centinaia di opere di intento letterario, che però sono rimaste sistematicamente ignorate (uniche eccezioni “Il padrino” di Mario Puzo o John Fante). Questa emigrazione non è infatti mai stata realmente voluta dall’Italia (se non addirittura proibita durante ventennio fascista) ignorata e ufficialmente taciuta, non trova spazio neanche nei libri di scuola. Non si è mai tratto alcun motivo di fierezza da questa, pur pacifica, migrazione dei suoi cittadini nel mondo, quasi come si trattasse di un peccato, perché nella sua desolazione iniziale (le valigie di cartone), nella sua lenta conquista segnata da tanti sacrifici e fallimenti, non è stata per niente paragonabile alle grandi epopee dei <em>conquistadores</em>, o alle grandi campagne coloniali francesi e inglesi (e non ci sarebbe da vergognarsi…). </div><div align="justify">Mai potrà passare per la mente di un italiano medio che uno di questi emigrati possa essere anche scrittore e poeta, mentre invece alcuni degli italiani emigrati nelle due Americhe o in Australia o anche nei paesi europei settentrionali nel secondo novecento sono stati grandi artisti e hanno sentito fortemente “<em>la necessità della creazione ex novo di un discorso interculturale</em>”, come ad esempio Gino Chiellino o Franco Biondi, emigrati in Germania. </div><div align="justify">Gli emigrati italiani nel mondo (ma non solo loro) sembrano passare attraverso tre fasi fondamentali: il tempo del rifiuto, il tempo della dialettica, il tempo della progettualità. Quindi gli autori si sono trovati inizialmente di fronte all’ostacolo <em>apparentemente invalicabile</em> dell’altra cultura, che li ha portati sia a rifiutare l’altro, sia ad essere rifiutati; lo scontro è generalmente poi superato nella fase più positiva della dialettica, e in alcuni casi, da questo incontro dialettico, l’opera si innalza verso una terza fase, non più solo di approfondimento, ma prospettica, propositiva, talora utopistica, quella della progettualità. </div><div align="justify">Gnisci sostiene poi che una lettura di questi testi negli anni Sessanta-Ottanta del Novecento avrebbe risparmiato a tanti lo choc di incomprensione nato dall’immigrazione straniera in Italia di quest’ultimo ventennio (cosa non da poco). Infatti l’esperienza che dovettero affrontare gli italiani emigrati fra 1870 e 1970 fu molto simile a quella che gli immigrati in Italia devono affrontare adesso. </div><div align="justify">E’ interessante vedere questa questione, sicuramente centrale nei dibattiti degli ultimi anni, da un punto di vista diverso, quello <em>letterario</em>, che non lascia spazio a fattori politici, influenze o preferenze, ma semplicemente analizza la validità delle opere, la loro relazione, la fruttuosità, la <em>poetica nel momento dell’incontro con l’altro</em>. Insomma non si tratta di discutere se una migrazione sia giusta o meno, ma si tratta di analizzare la storia, le opere e la loro concatenazione. E così nell’ambito letterario esiste una branca che si occupa esclusivamente della “<em>letteratura di migrazione</em>”, che sia migrante italiano nel mondo o migrante del mondo in Italia. Branca che acquista oggi sempre maggiore importanza: come disse Salman Rushdie (in alcuni articoli critici degli anni ’80, raccolti in Patrie immaginarie, 1991) -“…l’emigrante è forse la figura centrale o qualificante del XX secolo”- perché -“l’emigrante subisce un triplice sconvolgimento: perde il proprio luogo, si immerge in un linguaggio alieno e si trova circondato da individui che posseggono codici e comportamenti sociali molto diversi dai propri, talvolta perfino offensivi. Ed è proprio ciò che rende gli emigrati delle figure così importanti, perché le radici, la lingua e le norme sociali sono stati gli elementi più importanti nella definizione di cosa significa essere umano. L’emigrato, negati tutti e tre, è obbligato a trovare nuovi modi di descriversi, nuovi modi di essere uomo.”- </div><div align="left">Sarebbe importante comprendere questo anche al di fuori della letteratura, in ambito sociale e culturale, per iniziare a guardare con occhi diversi colui che emigra: in preda al triplice sconvolgimento ha davanti a sé diverse difficoltà da affrontare e diverse tappe da attraversare, ma ha anche dentro di sé la forza grandiosa di farlo, di mettersi in gioco, di rischiare tutto per la Vita, di creare qualcosa di nuovo.<br />Per darvi un assaggio della grandezza che certi connazionali hanno raggiunto fuori patria, ma anche delle difficoltà che hanno affrontato, ecco una poesia di <strong>Gino Chiellino</strong> (la versione italiana dell’autore si trova in “<em>Le radici, qui</em>”):<br /><br />La mia lingua<br />Mi isolava<br />L’ho abbandonata<br />Con la tua<br />Imputridiscono<br />In me<br />I sensi</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-13761410946556323432008-11-07T10:36:00.006+01:002008-11-11T08:29:15.965+01:00Lucciole, api, uomo e neonicotinoidi. Riflessioni.Come aveva detto Pasolini nel (lontano?) 1975 sulle pagine del Corriere della Sera <em>-"Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta). Quel "qualcosa" che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque "scomparsa delle lucciole"-.<br /></em><br />Ma Pasolini non sapeva (o forse solo poteva immaginare) che di lì a pochi anni tutta una serie di nuovi pesticidi avrebbero ricoperto la nostra campagna (e il nostro piatto) provocando non solo scomparsa delle lucciole, ma la scomparsa di quasi tutti gli insetti "buoni", quelli utili alla natura e alla vita grazie al loro importantissimo lavoro di impollinazione, prime fra tutti, appunto, <strong>le api</strong>.<br /><br /><p>Le api, insetti bellissimi, laboriosi, produttrici del vero nettare che la natura regala all'uomo: il miele. Le api colorate, che non ti pungono se non si sentono attaccate o in pericolo, che hanno sempre abitato insieme all'uomo le campagne e la collaborazione fra apicoltori e agricoltori era totale: le piante davano il fiore, le api permettevano la fecondazione. In un equilibrio perfetto a cui solo la natura può arrivare. E l'uomo, con la sua mente diabolica, può attentare. </p>Infatti negli anni '80 si è iniziato a studiare una nuova classe di insetticidi: i <strong>neonicotinoidi</strong>, che sembravano offrire ottimi risultati. E così fu dal punto che divennero tra i più usati. I neonicotinoidi agiscono a livello del sistema nervoso fissandosi ai ricettori nicotinici dell'acetilcolina, bloccano di fatto il passaggio degli impulsi nervosi nel cervello con conseguente morte degli insetti (tra cui le api, pensando più in "grande", forse anche a noi?). I principi attivi in commercio sono: Acetamiprid, Imidacloprid, Thiacloprid e thiamethoxam. Tutti questi insetticidi sono altamente sistemici tanto da "proteggere" la pianta molto a lungo: il principio attivo una volta assorbito viene traslocato sui giovani germogli in fase di crescita e nella pianta finale, che risulterà sempre "insetti-cida"; ma garantiscono (chi le multinazionali del agrofarmaco?) che non se ne trova traccia nel frutto o nella verdura finale.<br /><br />Api morte di fronte al loro alveare, api disperse che non torneranno mai più. In Italia l'anno scorso, sopratuto al nord e al centro, è stata calcolata la scomparsa di più della metà delle api presenti nel territorio (circa 40.000), con una perdita (per chi ha sempre un occhio di riguardo verso l'economia) di <a href="http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/ambiente/api-moria/api-moria/api-moria.html">250 milioni di euro</a>. Ed è stato comprovato, proprio quest'anno, perchè ormai gli apicoltori non potevano più aspettare e si sono rimboccati le maniche, che la coincidenza di moria di api e semina dei campi non è, appunto, solo una coincidenza, ma è legato all'utilizzo di semi di mais conciati, cioè ricoperti da neonicotinoide, che danno vita a un seme (vederlo è davvero incredibile) rosso invece che giallo, interamente coperto da una polverina impalpabile (ma potentissima), che si sparge nelle campagne e uccide le api in pochissimi minuti, polverina che dal seme si trasferirà nella pianta, risucchiato come nutrimento, rendendola una super-pianta pesticida... ma non nel frutto attenzione!<br /><br />Fortunatamente, dopo le prove scientifiche, il governo non è rimasto con le mani in mano e prontamente questo 17 settembre 2008 è apparso un Decreto Ministeriale recante la "Sospensione cautelativa dell’autorizzazione di impiego per la concia di sementi, dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del <a href="http://www.federapi.biz/images/Leggi%20nazionali/Decreto_Sospensione(1).pdf">decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290</a>". Questa volta si sono mossi velocemente (non c'entrerà il fatto che Luca Zaia, nuovo Ministro dell'Agricoltura, sia anche diletto <a href="http://www.federapi.biz/index.php?option=com_content&task=view&id=594&Itemid=161">apicoltore</a>?) comunque non possiamo lamentarci, almeno la prossima primavera non avremo, si spera, una decimazione delle api e non ci troveremo nei prossimi anni come i giapponesi a impollinare fiore per fiore con un pennellino, visto che gli insetti utili alla fecondazione non li hanno più. Chiaramente Coldiretti ha subito chiesto <a href="http://www.ilpuntocoldiretti.it/attualita/Pagine/Coldirettichiedechiarimentisullostopaiconcianti.aspx">chiarimenti</a> su questo stop all'uso dei concianti, molto preoccupata delle ripercussioni economiche, come sempre, piuttosto che a quelle sanitarie e dell'ambiente. <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJnulp_CcUDV3mBiFyLaHM5-pOAjsf1W6rLU8bCAJwM4CEkTW0TsRWff20oooQj_r-c7zBA3sKlf3_DNd8ax2567AUgzqBfIxB3WN1xpeRdxto-XcHn6Oo7VAtCYuVX3qUoycLmAiitJcn/s1600-h/Api.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5265849479819073314" style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 0px 10px 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: hand; HEIGHT: 240px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJnulp_CcUDV3mBiFyLaHM5-pOAjsf1W6rLU8bCAJwM4CEkTW0TsRWff20oooQj_r-c7zBA3sKlf3_DNd8ax2567AUgzqBfIxB3WN1xpeRdxto-XcHn6Oo7VAtCYuVX3qUoycLmAiitJcn/s320/Api.jpg" border="0" /></a><br /><br /><br /><br />Questo non significa che sulle nostre tavole non continueranno a finire pesticidi di ogni sorta e genere, ma almeno, noi uomini, la meritiamo anche una certa "<em>brutta fine</em>", le api no.Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-77317157267799795592008-11-05T09:03:00.004+01:002008-11-16T14:09:18.831+01:00Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimk7sBm-rzHWNG4a-sxY6JH8gYSvZKDVWVhoha5yQ_qDzuB0qFt6rNqXt9m3CTuMKSxtRF7Q9_7dLAmSsL_DooHQX2A1KEYz3Btb_CMgrTKYv3LjovJvYs_mKdol4hy-WeHepGK_ECd9y6/s1600-h/060922_BarackObama_Xtrawide.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5265084273597274674" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: hand; HEIGHT: 154px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimk7sBm-rzHWNG4a-sxY6JH8gYSvZKDVWVhoha5yQ_qDzuB0qFt6rNqXt9m3CTuMKSxtRF7Q9_7dLAmSsL_DooHQX2A1KEYz3Btb_CMgrTKYv3LjovJvYs_mKdol4hy-WeHepGK_ECd9y6/s320/060922_BarackObama_Xtrawide.jpg" border="0" /></a><br /><div><p>Barack Obama è stato eletto 44° presidente degli Stati Uniti d'America. Una svolta epocale: dopo otto anni di presidenza Bush, l'America ha votato per il senatore dell'Illinois, 47 anni, il primo <strong>afroamericano</strong> a insediarsi alla Casa Bianca. Quella di Barack è una vittoria di grandi numeri: con alcuni stati ancora da assegnare, il senatore democratico è arrivato a quota 338 grandi elettori. Una gioia incontenibile è esplosa a Chicago, dove si erano raccolti i sostenitori di Obama. A ogni stato che si colorava di blu, un urlo riempiva la capitale dell'Illinois, fino all'annuncio dei grandi network: "Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti". Ma la gioia incontenibile non è solo americana perchè questa volta le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d'America sono state seguite con grande interesse (e speranza) da tutto il mondo, la speranza di vedere cambiare qualcosa nella politica americana che negli ultimi anni aveva perso largo consenso, attestandosi su una linea che era difficile continuare a sostenere. Gli occhi di tutto il mondo (almeno occidentale) stanotte sono stati puntati verso la <em>terra del mito</em>, confortandoci in un sogno che fino a noi il senatore nero è riuscito a far arrivare. Presidente crediamo in te e ti diamo fiducia, hai le porte aperte e le carte in mano: ora <em>devi cambiare l'America</em>.<br /><br /><strong></strong></p><br /><br /><p><strong>A chi interessa ecco i temi della campagna elettorale (tratti da Repubblica.it):</strong><br /></p><br /><br /><p>1. IRAQ E AFGHANISTAN<br />McCain=Ha sostenuto la guerra e l'invio di nuove truppe. Non vuole stabilire una data per il ritiro. In Afghanistan vuole l'invio di rinforzi e la creazione di un'"insorgenza" su modello iracheno. </p><br /><br /><p>Obama=Si è opposto alla guerra in Iraq. Promette un ritiro completo entro 16 mesi dalla sua elezione. In Afghanistan sostiene l'invio di rinforzi. Pressioni sul Pakistan da dove si infiltra Al Qaeda.<br /></p><br /><br /><p>2. LOTTA AL TERRORISMO<br />McCain=Propone una nuova agenzia civile-militare con l'invio di esperti nelle zone calde del mondo. Vuole chiudere la prigione di Guantanamo e ha criticato i metodi di interrogatorio inumani. </p><br /><br /><p>Obama=Vuole concentrare i finanziamenti per la sicurezza nelle aree più a rischio. Si è opposto al Patriot Act. Vuole la chiusura di Guantanamo e il diritto al processo per i sospetti terroristi.<br /></p><br /><br /><p>3. POLITICA ESTERA<br />McCain=Sull'Iran vuole più sanzioni e non esclude una soluzione militare. Atteggiamento critico verso la Russia di Putin. Sulla crisi mediorientale, sostiene la soluzione dei due Stati, pressioni sull'Arabia Saudita perché aiuti i palestinesi, il taglio dei flussi di armi e soldi a Hezbollah, il sostegno ai libanesi moderati. </p><br /><br /><p>Obama=Non esclude un negoziato diretto con il leader iraniano Ahmadinejad. Dura critica alla Russia. Medio Oriente: sostegno ai "due Stati", isolamento di Hamas nei Territori finché non riconoscerà il diritto all'esistenza di Israele, diplomazia verso i Paesi arabi perché normalizzino i rapporti con Israele e sostengano l'Autorità nazionale palestinese.<br /></p><br /><br /><p>4. ECONOMIA E CRISI FINANZIARIA<br />McCain=Promette il taglio delle tasse alla classe media. Manterrebbe i tagli fiscali di Bush ma riducendo la spesa pubblica. Promette la riforma del welfare e della sanità. Ha sostenuto il piano di salvataggio per Wall Street di 700 miliardi di dollari. Promette la copertura federale per conti bancari fino a 250.000 dollari.</p><br /><br /><p>Obama=Promette tagli alle tasse mirati per aiutare la classe media. Abolirebbe i tagli fiscali di Bush per le fasce ad alto reddito. Vuole riformare la sanità e rinegoziare gli accordi commerciali internazionali. Ha sostenuto il piano di sostegno per Wall Street e propone riforme del settore finanziario, con più controlli pubblici su istituti finanziari e banche.<br /></p><br /><br /><p>5. ENERGIA E AMBIENTE<br />McCain=Riconosce che il cambiamento climatico è reale e devastante. Promette l'impegno degli Usa in programmi di riduzione dei gas serra se Cina e India aderissero. Rifiuta il sostegno a fonti alternative o piani tariffari che penalizzino la competitività Usa. Sostiene la ripresa delle trivellazioni oceaniche, tranne che nella riserva naturale dell'Artico. </p><br /><br /><p>Obama=Vuole un taglio delle emissioni di gas serra americani dell'80% entro il 2050 e un ruolo guida degli Usa nella lotta al cambiamento climatico. Promette investimenti per 150 miliardi di dollari in 10 anni in energie alternative. Non esclude la ripresa delle trivellazioni, mentre il suo vice Biden è nettamente contrario.<br /></p><br /><br /><p>6. ABORTO<br />McCain=Vuole rivedere la sentenza della Corte costituzionale del 1973 che legalizza l'aborto, anche se in passato l'aveva sostenuta. Promette aiuti statali per le adozioni. La sua vice Palin è radicalmente contraria al diritto all'aborto, compresi casi di stupro o incesto. </p><br /><br /><p>Obama=Sostiene il diritto di scelta delle donne, formulato "insieme a dottori, famiglie e consiglieri spirituali". Ha criticato le recenti decisioni della Corte suprema che ha ridotto i limiti temporali in cui si può praticare l'aborto. </p></div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-9143936565795125562008-10-29T15:08:00.004+01:002008-11-11T08:29:15.966+01:00Se negro o zingaro è più facile fare giustizia?<div align="justify">Spingo fortemente a leggere l'articolo di Gennaro Carotenuto <a href="http://www.gennarocarotenuto.it/4143-femminicidi-meredith-kercher-e-giovanna-reggiani-se-il-colpevole-il-negro-o-lo-zingaro-pi-facile-fare-giustizia/">"Femminicidi: Meredith Kercher e Giovanna Reggiani, se il colpevole è il negro o lo zingaro è più facile fare giustizia"</a> che è particolarmente illuminante sulla giustizia nel nostro paese. Non vogliamo dire che Rudi Guede, condannato a trent’anni di carcere in quanto colpevole di stupro e assassinio di Meredith Kercher a Perugia, e Romulus Nicolae Mailat, il romeno di 25 anni che ha rapinato, violentato e ucciso Giovanna Reggiani il 30 ottobre del 2007 nei pressi della Stazione ferroviaria romana di Tor di Quinto, se colpevoli, non debbano scontare la loro giusta pena. Ma vogliamo ribadire che "<strong>la legge è <em>(deve essere)</em> uguale per tutti</strong>". Se questo non avviene è una giustizia monca, che traballa e fa acqua da tutte le parti.</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-55498304298287574202008-10-29T10:01:00.005+01:002008-10-29T15:05:39.186+01:00Diventa consapevole di ciò che mangi.<div align="justify">Ho trovato un sito molto interessante per conoscere meglio quello che ogni giorno ci troviamo dentro il piatto. Cosa fondamentale visto che viviamo ormai in un mondo dove tutto è lecito per il guadagno (anche avvelenare lentamente le persone) e i furbetti (enormi multinazionali) continuano per la loro strada liberamente almeno finchè non sono stati smascherati (ma a volte anche dopo). A chi non è mai capitato un giorno di voltare la ridente confezione di biscotti/merendina/barretta che stava mangiando e scoprire tra l'orrore e lo stupore una lista di ingredienti che avrebbe fatto invidia a un pasto a tre portate? Una serie di alimenti(?) incomprensibili anche alla pronuncia, ben lontani da quelli comunemente conosciuti, con nomi che lasciano trasparire strani processi di <em>modificazione</em> che ci fanno chiedere se ciò che abbiamo di fronte sia un alimento o un detersivo. </div><div align="justify">Beh, insomma, intanto diciamo pure che la nostra sensazione non sbaglia, molti di questi strani componenti sono potenzialmente tossici o cancerogeni, come i coloranti. <a href="http://foodinside.blogspot.com/2007/12/coloranti-dannosi-per-lorganismo.html">Qui</a> trovate una lista dei coloranti tossici che ancora vengono utilizzati e in quali alimenti si trovano. Ma nel sito (link nel titolo) ci sono tanti altri aspetti interessanti da approfondire, come i famigerati <a href="http://foodinside.blogspot.com/2007/12/contro-i-grassi-idrogenati-e-la.html">grassi idrogenati</a>, che abbondano ovunque nei cibi ma che cibo proprio non è, sono composti industriali di sintesi; o il <a href="http://foodinside.blogspot.com/search/label/Glutammato">glutammato</a>.</div><div align="justify">Le cose vanno in questa direzione, ma anche noi samo più consapevoli: ora la lista degli ingredienti la studio con la lente da ingrandimento e ho certo abbandonato questi <em>finti-alimenti. </em>Chiaramente c'è un'ulteriore esigenza e diritto su cui dobbiamo lavorare: che la lista sia totale, reale, chiara, completa, non ingannevole. </div><div align="justify">Insomma, io voglio conoscere ciò che mangio. Perchè, come disse Feuerbach "<strong>l'uomo è quello che mangia</strong>".</div>Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6590636841732253132.post-60202582593202132612008-10-26T08:38:00.004+01:002008-11-11T08:31:31.015+01:00"Ebano" di Ryszard KapuscinskiViaggiatore curioso e acuto, Ryszard Kapuskinski si cala nel continente africano e se ne lascia sommergere, rifuggendo tappe obbligate, stereotipi e luoghi comuni. Va ad abitare nelle case dei sobborghi più poveri, brulicanti di scarafaggi e schiacciate dal caldo, si ammala di malaria celebrale; rischia la morte per mano di un guerriero; ha paura, si dispera. Ma non perde mai lo sguardo lucido e penetrante del reporter e non rinuncia all'affabulazione del grande narratore: che parlino di Amin Dada o della tragedia del Ruanda, di una giornata in un villaggio o della città di Lalibela, tassello dopo tassello le pagine di <em>Ebano</em> compongono il vivido mosaico di un mondo carico di inquietudine.<br /><br /><em>"Questo libro non parla dell'Africa, ma di alcune persone che vi abitano e che vi ho incontrato, del tempo che abbiamo trascorso insieme. L'Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. E' un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. E' solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realtà l'Africa non esiste."</em> <strong>Ryszard Kapuscinski</strong><br /><br />Libro bellissimo, appassionante, pieno di contenuti ma scorrevole, che divoreresti tutto in una notte, e folto di strabilianti e puntuali riflessioni:<br />-"Mi resi conto che anche io ero intrappolato nell'apartheid: ero un bianco, un colone, uno sfruttatore, un predatore. Non riuscivo a risolvere il dilemma: quegli occhi neri non potevano che vedermi così. Io avevo reso orfana l'Africa e per giunta un'orfana umiliata, impotente e sempre affamata. Quei ragazzini scalzi vantavano su di me una superiorità etica: la superiorità che una storia maledetta conferisce alle sue vittime. Quei ragazzini scalzi potevano guardarmi dall'alto in basso: erano di razza nera, ma puliti."-Elishebahttp://www.blogger.com/profile/06846811420032121214noreply@blogger.com0