C'erano uomini che avevano capito. Anche allora c'era qualcuno che si domandava, forse più di noi ora, se la strada che stavamo percorrendo fosse legittima, e giusta. Uomini che sono i nostri maestri. Uno di questi è Michel Montaigne. Scriveva nell'inoltrato 1500, solo qualche decennio dopo la "scoperta" del Nuovo Mondo, in una delle opere più suggestive e geniali di tutti i tempi, gli "Essais":
"Dalla pratica del mondo si ricava una meravigliosa chiarezza per giudicare gli uomini. Siamo tutti gretti e chiusi in noi stessi e non riusciamo a vedere più in là del nostro naso. Domandarono a Socrate di dove fosse. Non rispose "di Atene" ma "del mondo". Lui che aveva uno spirito ricco e capace di una visione ampia della vita, abbracciava l'universo come la sua città, estendeva le sue conoscenze, la sua solidarietà e i suoi affetti a tutto il genere umano, non come noi che guardiamo soltanto al nostro ombelico." [I,26]
e ragionava ancora:
"Ci siamo valsi della loro ignoranza e inesperienza [dei popoli sottosviluppati] per portarli con maggiore facilità sulla strada del tradimento, della lussuria, della bramosia e di ogni altra sorta di efferatezza e crudeltà, sul modello dei nostri costumi. Chi ha mai assegnato un simile prezzo all'utilità dei commerci e dei traffici? Tante città rase al suolo, tante popolazioni annientate, milioni di uomini passati per le armi e la più ricca e bella parte del mondo sconvolta per il commercio delle perle e del pepe! Vittorie scellerate!" [III,6]
"La povertà dei beni può essere risanata ma guarire la povertà dell'anima è impossibile" [III,10]